Il rapporto tra arte e follia è antico come il mondo: risale agli albori della nostra civiltà; ne parla già Platone nel Fedro, opera risalente al 370 a.C.

Anche senza tornare agli antichi greci, tutti conoscono la geniale arte di Van Gogh, icona del genio folle, oppure ha sentito parlare di Alda Merini, poetessa che ha purtroppo passato molti anni in manicomio. 

Anche nel mondo del circo, come in ogni altro cosmo artistico, la follia trova il suo spazio. Non si tratta della follia intesa come disturbo mentale, salvo rare eccezioni, ma di qualcosa di sostanzialmente diverso.

I disturbi mentali, quelli di pertinenza della psichiatria, sono problemi seri, che spesso causano grandi sofferenze. La follia dell’artista è tutt’altra cosa. Si potrebbe dire che è creativa, non regressiva; adatta all’ambiente e flessibile, non inappropriata e rigida; fonte di soddisfazione e piacere, non di frustrazione e dolore. Se il disturbo mentale può essere paragonato a una gabbia, da cui per fortuna si può uscire, la follia in arte è uno spazio aperto, dove sono crollati i muri del banale, franate le regole della mediocrità.

Chi conosce personalmente numerosi artisti sa che spesso esiste, soprattutto nei più grandi, questa vena folle, insolita, diversa per ognuno. Non sono pazzi, niente del genere; al più bizzarri, imprevedibili, impulsivi, stravaganti… non esiste un tipo preciso, ma mille sfumature di stranezza.

Nel mondo del circo c’è anche l’artista perfettamente quadrato, l’atleta rigoroso, dedito al lavoro, preciso, che non ha assolutamente nulla d’insolito. Ma conoscendolo meglio… una particolarità del carattere spesso si rivela.

Se non esiste un “carattere d’artista”, esistono tratti di personalità frequenti, che cambiano nelle diverse branche del circo. L’artista ha spesso il piacere del palco, il gusto dello spettacolo e dell’esibizione: si potrebbe dire che è un tratto istrionico, molto frequente. Alcuni grandi artisti sono vanitosi, fino al narcisismo (non c’è nulla di male ad essere un po’ narcisi). Qualcuno è ossessivo, e non può fare a meno di compiere determinati gesti. Molti sono in vario grado scaramantici e inclini al pensiero magico. I più sono insofferenti a imposizioni, restrizioni, censure: l’artista è generalmente libertario. Poi in base alla cultura e all’indole si può essere davvero liberi, nel rispetto di sé stessi e degli altri, oppure inclini a una libertà dissoluta, che non tiene conto né del buon senso, né degli altri (questa è la libertà del narcisista patologico, che ha un inappropriato senso del diritto e crede di essere così unico e speciale da non dover rendere conto mai a nessuno).

Esiste poi l’artista così bizzarro, dal pensiero così insolito, da essere vicino al disturbo mentale. Tuttavia, se riesce ad avere una vita lavorativa che gli permetta d’esprimere la sua arte e soddisfacenti rapporti personali, non possiamo dire abbia un problema mentale. Certo alcuni grandi artisti hanno avuto ed hanno situazioni personali disastrose, pur restando grandi nel loro lavoro.

Esiste anche un tipo particolare d’artista circense, che potremmo definire il “drogato d’adrenalina”. Si tratta dell’artista che deve rischiare per forza, arrivare sempre al limite, e che prova così un particolare piacere: la sfida con i propri limiti e perfino con la morte. Forse costui non è dissimile dall’alpinista che vuole scalare l’Everest. Anche questa è per certi versi una forma di follia piuttosto comune nel circo. E molti, anche senza arrivare ad estremi pericolosi, hanno una leggera dipendenza dall’adrenalina, così come dal pubblico o, in generale, dal mondo del circo, che non riescono ad abbandonare per nessun motivo.

In conclusione possiamo dire che l’arte, senza un pizzico di follia, non sarebbe arte. La differenza la fanno poi intelligenza, dedizione, organizzazione. 

Personalmente credo sia giusto incentivare la bizzarria, la stranezza, la creatività, tutto ciò che non è ordinario, ma credo anche agli argini. Credo che il circo debba contenere la follia nei suoi naturali confini, e che anzi gli ancoraggi debbano essere ben saldi: sicurezza (ragionevole sicurezza, per quanto possibile e concesso dalla propria arte), rispetto delle regole (e della legge, che si sia d’accordo o no), buona organizzazione, serietà. Questi sono obiettivi che non deve garantire l’artista, che sappiamo avere il suo speciale “carattere d’artista”, bensì chi gli sta attorno. Nel circo esistono le figure “argine”, senza cui sarebbe il caos, e sono necessarie, anche più dello chapiteau. Forse, senza di loro, il meraviglioso mondo del circo sarebbe ridotto a un branco di pazzi.