Dopo il primo racconto intitolato “La litografia di gitani”, pubblichiamo il secondo racconto dedicato al circo a firma di Angelo D’Ambra. Anche questo va ad arricchire la nostra rubrica Parole di Circo.

Angelo D’Ambra, classe 1982, è laureato in Scienze Politiche e si occupa di divulgazione storica per il sito historiaregni.it. Collabora con la casa editrice D’Amico e con portali web di storia nordamericana, tauromachia, musica e cinematografia.

S’era fatto ombra, seduto nell’angolo più cupo delle gradinate, ma aveva scoperto di saper ancora ridere. Per diversi lunghi attimi, durante lo spettacolo, era riuscito a lasciarsi alle spalle le afflizioni del suo cuore, meravigliandosi col giocoliere, col trapezista, con la contorsionista e gli elefanti, però, di tanto in tanto, i dispiaceri della vita baluginavano, risalivano a galla come acrobazie dei pensieri. Quando tutto si concluse, plaudì, seguì il defluire delle famiglie ed uscì, ogni passo rabbuiandosi a poco a poco nell’anima.

L’auto non era distante, ma qualcosa lo attirò. “Toh! Un dromedario!”. Era alto, più d’un cavallo, il collo crocchiante, il vestito di sole. Gli sorrise di sghembo, oltre lo steccato, coi denti sproporzionati ed un labbro burlone.

L’ombra solitaria, che quella sera aveva cercato calore sotto il tendone del circo, gli si approssimò, gli fissò la lanugine e le narici, poi interrogò le nocciole languide sotto le ciglia adulanti. Non trovò che dolcezza, chiuse il palmo e con la punta delle dita gli raspò la fronte. La mano scivolò su acini di sabbia ruvida, tra le dune d’un deserto d’Oriente, fino all’ossuto naso cadente, ma i pensieri ancora s’affaticavano su sentieri scabri. Il dromedario, allora, espirò sul suo braccio un quieto tepore. Lui stupì, restò sconcerto. Non aveva mai provato una sensazione simile.

Il soffio era calmo, profondo, intenso come se provenisse dall’eternità. Il cuore gli si rischiarò e sorrise. Fuori al tendone di un circo, per la prima volta, inaspettatamente, aveva percepito il respiro caldo di Dio.

Angelo D’Ambra