Ognuno di noi ricorda il suo primo incontro con il meraviglioso mondo del circo.

Il mio è stato in una minuscola frazione di un paese di provincia. Non parlo di una cittadina provinciale, ma di un paese la cui frazione avrà avuto non più di cinquecento abitanti. Era un circo itinerante, sicuramente a gestione familiare, che girava, ormai nel secolo scorso, per campagne e colline. Lo chapiteau era minuscolo, il più piccolo in cui sia mai stato, e sappiamo che i bambini ricordano tutto più grande di come è in realtà. Non posso valutare quale fosse il livello tecnico dello spettacolo, ma verosimilmente era assai modesto, proporzionato alle dimensioni. Non ricordo animali e credo non ce ne fossero. Erano circensi girovaghi, fuggiaschi di un altro tempo, cercatori di fiere inesistenti, che seguivano tradizioni ottocentesche, con tutto il loro fascino. Negli stessi anni i circhi delle grandi dinastie italiane, nelle maggiori città, staccavano migliaia di biglietti ogni finesettimana.

E oggi? Oggi i girovaghi ci sono ancora, e li chiamiamo “artisti di strada”, anche se non hanno più uno chapiteau da portarsi dietro, né per forza un nucleo familiare. Non vagano più casualmente nelle province, con spirito nomade, ma danno i loro spettacoli in particolari contesti, dove c’è un pubblico pronto ad apprezzarli.

I circhi storici invece non hanno più il successo del secolo scorso e arrancano tra un picchetto animalista e l’altro, soffrendo anche più di altri la tremenda pandemia in corso. Una cosa accomuna molti di questi circhi: danno spettacoli rivolti quasi esclusivamente ai bambini.

Non so quando questo fenomeno abbia avuto inizio, ma non si verifica così diffusamente nell’Europa di oggi, dove i grandi circhi hanno un pubblico in larga maggioranza di adulti, né nel lontano passato. Il circo che vidi da bambino era rivolto a tutti, ai vecchi di quel minuscolo paese come ai bambini. Non voleva essere solo per bambini. I bambini lo guardavano, magari spaventandosi in certi punti dello spettacolo, e partecipavano a qualcosa che era per tutti, anche se avevano l’immensa fortuna di divertirsi particolarmente, di essere più inclini allo stupore e alla meraviglia.

Personalmente mi auguro che il circo classico italiano torni ad essere così, per tutti, che il suo pubblico possa nuovamente allargarsi.

Oppure lo si comunichi in modo chiaro: circo per bambini. Sottotitolo implicito: purché i genitori non siano animalisti. Tuttavia, in questo caso, non aspettatevi una recensione da me: il circo che amo, oggi come allora, è un’altra cosa.

Armando Talas