Istruzioni per l’uso e la lettura del seguente articolo: perché venga dato il giusto peso a questo pezzo devo precisare che queste sono riflessioni scaturite dopo aver visto un grande spettacolo di un grande circo, ossia Knie. In Italia nessun circo riesce ad avvicinarsi minimamente né per mezzi tecnologici né per qualità dello show a quanto visto nello chapiteau installato a Berna. Eppure qualcosa scricchiolava, il meccanismo mi è parso meno oliato e fluido del solito. Se siete tra quelli che ritengono intoccabili Knie, Monte-Carlo, Arlette Gruss, eccetera, allora non leggete le seguenti righe perché tanto non capireste. Agli altri auguro una buona lettura!
La prima cosa che non mi torna dopo aver visto lo spettacolo 2023 di Knie è questa: mi sono perso mezz’ora di show perché nel cast era presente il comico-cabarettista Kaya Yanar. Immagino molto bravo, a giudicare dalle risate del pubblico, peccato che essendo tutto parlato ed in lingua tedesca non abbia capito nulla (limite tuo potreste obiettare) e io ribatto “la grande clownerie non dovrebbe essere universale?”, per un circo così importante che richiama pubblico da tutt’Europa perché precludersi questa possibilità?
La risposta (alcuni la sapranno già) va evidentemente ricercata nella grande attrattiva mediatica di questo personaggio (che potremmo paragonare, solo per capirci, a Maurizio Crozza in Italia). Anche nel 2020 e nel 2021 avevano introdotto il cantante pop Bastian Baker, sempre con l’obiettivo di portare più pubblico giovane sotto l’immenso chapiteau di oltre 2500 posti. Se l’esperimento da un lato mi incuriosisce e ne capisco la logica aziendale dall’altro mi chiedo “ma questo cosa c’entra con il circo?” anche perché diciamolo, spezzano parecchio il ritmo dello show rendendolo meno fluido ed armonico.
Se questa è condizione necessaria perché Knie sopravviva con queste dimensioni è una concessione che volentieri facciamo, ma dobbiamo essere onesti e renderci conto che questo non è circo e con il circo non ha nulla a che fare. E’ una strategia commerciale necessaria e fine. Abbiamo moltissimi clown che sanno fare ridere tutti i presenti, non vedo perchè non rivolgerci a loro.
Vediamo se anche in Italia, visto che molti si stanno ispirando a Knie (dico ispirando ma potrei utilizzare termini meno gentili) adotteranno le stesse strategie.
Knie quest’anno ha puntato su una tecnologia che utilizza scenografie acquatiche incredibili (anche qui non pensate alle fontanelle che riempiono la pista d’acqua utilizzate negli anni 90 e 2000 e ancora oggi). Hanno però concentrato tantissime energie ed investimenti in tecnologia curando meno altri aspetti dello spettacolo. Mancava un filo conduttore, un mood, un’atmosfera; lo spettacolo si propone come un carosello di numeri con musiche, scenografie e coreografie eccezionali ma molto slegati tra di loro, cose che negli anni precedenti non mi era parso di avvertire.
Torno però alla domanda iniziale e voglio fare una provocazione: se anche Knie è costretto a ricorrere ad alcuni escamotage per poter continuare a sopravvivere con queste dimensioni vuol dire che il circo tradizionale sotto chapiteau (anche nelle massime espressioni a livelli europei e mondiali) non è più sostenibile? L’introduzione di Kaya Yanar, piuttosto che Bastian Baker, è un po’ come se volessimo dopare lo spettacolo per affrontare la salita. Possiamo anche perdonarlo, purché sia solo una fase e non diventi un’abitudine.