Mio nonno e i suoi luoghi, sempre sorprendenti! Mi diceva di seguirlo, giù in cantina fino all’interruttore generale di corrente.
Bastava un’azione e il guardingo buio ci abbracciava e in quel vivere color carbone, sotto i baffi, mio nonno mi educava: “Prendi una matita bianca e disegna quel che vuoi su questa lavagna a quattro dimensioni! Ma prima che ne dici se facciamo uno scherzo alla nonna?”.
Mio nonno era un burlone. Ma anche un visionario! Si metteva comodo sulla poltrona e narrava storie. Io lo trovavo più interessante della tv e del cellulare.
Il racconto che più mi ammaliava su per giù seguiva questo sentiero: “Ci fu un’epoca lontanissima, nel passato degli umani, dove si era perennemente in guerra. Fino alla mattina in cui apparve davanti alle mura della città una macchina così strabiliante, ma così strabiliante che nessuno capì cosa fosse! La osservarono, intuendo che non fosse funzionale alle battaglie e piano piano dedicarono più ore allo studio di quel marchingegno che all’addestramento militare. Le ipotesi sulla sua funzione e utilità furono le più disparate e le contese così accese che ad un certo punto il capo dell’esercito propose di chiedere aiuto ai nemici pur di trovare una soluzione a quell’enigma!”.
Al mio insistente “e poi?”, lui divertito ribatteva “e poi andiamo a prendere un gelato!”.
Nel parco dove adorava passeggiare non mi dava risposta anzi, per sviare il discorso, mi proponeva uno dei suoi hobby preferiti: stare immobili sulle panchine, come statue, senza muovere un ciglio.
Io lo trovavo buffo, ma lo facevo solo in sua compagnia. Tranne una volta e fu una sorta di preghiera. Il nonno stava molto male ed io non credevo alla ripetizione di continue litanie guaritrici, credevo solo al fascino del creato.
Quel dì, di fronte alla mia panchina si sedette un signore.
Indossava un impermeabile beige e uno stupido cappello. Restò immobile a fissarmi, io mi irrigidii, ma poi lui accese le guance, addolcì i lineamenti e iniziò un vero e proprio dialogo usando solo le sopracciglia! Rimasi allibita dalla sua allegra sintassi!
Corsi a casa per raccontarlo al nonno, a chiedergli se fosse un suo amico e lui esangue mi accarezzò: “Oh felicità! Hai incontrato colui che gioca! Seguilo e vedrai che tutto sarà possibile!”.
Rincontrarlo non fu facile. Avvenne ad un corso di teatro.
Dinamite A, l’insegnante, ci portò a girovagare nel nostro immaginario … e fu così che lui riapparve, vestito allo stesso modo, con quella pipa e il suo portamento indeciso e goffo … e, come quando mio nonno mi portò nel seminterrato, mi confermò quanto può essere magico il mondo …

“Quel marchingegno mirabolante piantava curiosità”. Così mi disse la nonna una mattina, mentre scriveva l’epigrafe del suo amato marito sul vetro appannato delle sue giornate:


Ho vissuto una vita bellissima.

Racconto di Paolo Negri, illustrazione di Eugenio Broggi
Tratto da “22 Arcani circensi, freaks e simili”, Il Cavedio (2022) 
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