Lugano, un sabato sera d’autunno. Le luci del grande chapiteau, sorretto da possenti archi esterni, si vedono fin da lontano, scacciano il buio della notte; centralmente sfavilla la scritta KNIE, imperituro emblema di grande circo.

All’interno un fumo soffuso, un’atmosfera carica di luce blu, che pare diffondersi tra la folla degli spettatori e nella pista, come un’impalpabile nube magica.

Poi lo show ha inizio e la nube si disperde per lasciare spazio all’arte, con le sue forme concrete, corporee, vive.

Il primo quadro è creato dalla spettacolare coreografia circense del Circus-Theater Bingo sulla musica di Bastian Baker, che entra in scena con una giacca rilucente ed entusiasma il pubblico con la sua voce trascinante, gioiosa, carica d’energia.

Quando la musica ha termine, lo chapiteau si riempie gradualmente di silenzio; Alex Michael si arrampica agilmente su una corda e procede verso l’alto, sempre più in alto, fino alla sommità della struttura, a 15 metri d’altezza, dove sono appesi i suoi strumenti di lavoro. Il suo numero si chiama Skywalker, e comprende effettivamente una passeggiata a testa in giù nel cielo, senza alcuna protezione, oltre che alcuni passaggi al trapezio. L’attrattiva di questo numero risiede nell’estrema profondità dell’arte circense: temiamo per la sua vita e una parte di noi, fremente e nascosta, capisce che si tratta di una sfida titanica alla morte, al destino, ai limiti umani; intravediamo così degli aspetti nascosti della nostra stessa anima, che vorrebbe andare oltre la paura della morte, anelare al divino.

Quando il numero ha termine e l’adrenalina è consumata, come trasformata in un fiume di fragorosi applausi, entra il clown Chistirrin, portando con sé un’altra declinazione del divertimento circense. Chistirrin è un artista abilissimo, e rappresenta un esempio di come la grande clownerie possa rappresentare una particolare sintesi di varie abilità circensi, una loro splendida parodia: suona vari strumenti musicali, usa il monociclo, fa giocoleria… ed è un formidabile cascatore, di quelli così abili che lasciano il dubbio del vero incidente.

Questi due poli così diversi e complementari, lo Skywalker estremo di Alex Michael e la brillante clownerie di Chistirrin hanno segnato indelebilmente l’inizio dello spettacolo, dando da subito la misura della levatura artistica del circo Knie.

Come sempre nelle mie recensioni, non descriverò cronologicamente ogni singolo numero, ma solo quello che mi è restato impresso nella memoria, che mi ha colpito veramente.

Certamente ricordo il portamento in pista di Chanel Marie Knie, che mi ricorda sempre più l’eleganza naturale di Fredy Knie Junior; Chanel ha portato in pista i suoi pony ma ha anche accompagnato nel suo debutto il fratellino Maycol Knie Junior, un bambino che dimostra già un notevole talento.

Mi ha colpito Priscilla Errani, che sa rendere l’hula hoop arte visiva, facendo vorticare i suoi strumenti oltre il consueto, verso una dimensione estetica e sperimentale. I suoi cerchi sono pieni di luce, di colori, trascendono il gesto tecnico, arrivano al meraviglioso.

Parlando di innovazione il pensiero non può che correre al numero dei ballerini nell’oscurità di Extreme Light. Immaginate di vedere improvvisamente una figura vestita di luce nella pista completamente buia; poi è come questa figura si sdoppiasse, triplicasse, moltiplicasse, come potesse spostarsi a velocità folle da un punto all’altro in una frazione di secondo. Si tratta di ballerini che danzano nel buio, invisibili, i cui costumi di scena si illuminano a tratti, secondo una precisa coreografia, mai contemporaneamente, creando effetti scenici strabilianti.

Questo tipo di proposta artistica spettacolare, tecnologica, estremamente efficace, trova il suo naturale contraltare nella tecnica circense pura, nel virtuosismo corporeo. È come se lo show del circo Knie vivesse di contrasti complementari, tutti ben orchestrati, puntuali. Un esempio di virtuosismo è l’eccelso numero di verticalismo di Dima Shine, atleta dalla forza straordinaria, coniugata a grande equilibrio e padronanza del corpo. Non da meno il Duo El Beso, che fanno di forza ed eleganza una cifra stilistica; si tratta di un numero di danza su palo sospeso, pole dance aerea, brillante e ardito, che fa battere il cuore, anche perché rischioso. Da menzionare anche la bascula del Duo Olmos, tecnicamente valida e avvincente.

Un punto intermedio tra virtuosismo corporeo e innovazione potrebbe essere il numero di tappeti elastici Led-Trampo-Wall, che unisce queste componenti, le sintetizza, e denota una ricerca artistica incessante, un grande investimento nel nuovo e nell’inedito.

Arriviamo al gran finale: i salti con le moto dei Mad Flying Bikers, che sono ogni anno più pazzeschi, un’ulteriore declinazione dell’estremo. Non c’è suspence prolungata, ma scoppi d’adrenalina improvvisi, inaspettati, quando si vedono improvvisamente le moto volare nello chapiteau e fare in aria evoluzioni impossibili, inspiegabili. È stato introdotto anche un Quad, che rende lo show ancora più impressionante.

Per concludere, credo che il circo Knie abbia avuto una crescita artistica straordinaria, pur partendo da un livello che sappiamo essere sempre stato molto alto: questa crescita ulteriore è dovuta all’introduzione di formule inedite, che coniugano la grande tradizione circense all’utilizzo innovativo di nuove tecnologie e di nuovi paradigmi estetici in una sintesi artistica organica e consapevole.

Photos : Michèle & Jean-Marc Trichard – CapturEmotion.