Molta acqua è passata sotto i ponti, impetuosa e imprevedibile, da quando nel 1768 l’ufficiale di cavalleria britannico Philip Astley concepì per la prima volta uno spettacolo di circo in senso moderno. Il mondo del circo è cambiato, e ancora cambierà, come è giusto che sia, senza appigli a cui aggrapparsi per restare ancorati a un passato che non esiste più.

Allo stesso modo è cambiato il pubblico, che oggi non è più unitario ma diviso da profonde spaccature.

Partiamo dall’alto, dalle massime espressioni odierne dell’arte circense.

Bisogna per prima cosa intendersi su cosa sia il grande circo, perché ognuno ha la sua idea.

Personalmente considero grande circo quello che ho visto nelle ultime edizioni del Festival Internazionale del Circo di Monte-Carlo, ma nelle mia mente sono incisi indelebilmente anche alcuni spettacoli che ho visto nel 2021; penso allo Knie e all’Arlette-Gruss; ma anche, se vogliamo parlare di produzioni meno classiche, al Circus Monti in Svizzera e al Circo De Los Horrores in Spagna. Il Roncalli è sicuramente grande circo d’avanguardia. Credo che anche quello del Cirque du Soleil sia, in generale, grande circo. Per altri, più vicini alla realtà italiana, il punto di riferimento può essere il Festival Internazionale del Circo – Città di Latina o l’emergente International Salieri Circus Award. Il grande circo è elitario, ma in un senso preciso: non lo possono fare tutti, ma solo i grandi artisti; inoltre, richiede ingenti investimenti, che pochi possono permettersi.

Ma chi è il pubblico del grande circo?

Per prima cosa è composto da individui con la possibilità di pagare un biglietto di prezzo medio-elevato, generalmente non inferiore ai 30 euro, più spesso superiore. È un pubblico internazionale, eterogeneo per età, ma con precise aspettative ed esigenze culturali. Il grande circo ha quasi immancabilmente musica dal vivo e ha sempre una regia; non è mai pensato solo come prodotto per bambini, ma punta anche all’attenzione degli adulti.

Ma non c’è solo il grande circo, esiste il circo per bambini e famiglie tradizionali, a basso prezzo, spesso definito “zoo viaggiante”, che pur non essendo grande ha la sua storia e dignità. Assai diffuso in Italia, ha mantenuto una dimensione del tutto popolare, ma stenta ad attirare pubblico al di là delle suddette famiglie, e soffre di una cronica mancanza di innovazione e investimenti, oltre che della quasi costante stigmatizzazione per l’utilizzo di animali esotici.

Oltre a grandi e piccoli circhi della tradizione, in Italia come in altri paesi, si è poi sviluppato quello che potremmo definire “circo contemporaneo indipendente”: anch’esso assolutamente dignitoso, ma con i limiti tecnici, organizzativi e finanziari che ne definiscono, tutto sommato, la cifra stilistica. Queste realtà artistiche, che si propongono come alternative e non di rado hanno velleità intellettuali, hanno ancora un altro pubblico, in parte sovrapponibile a quello dell’arte di strada, composto più spesso da giovani, che apprezzano il gesto tecnico e l’inventiva tanto quanto sono affascinati dall’aspetto culturale nomadico e “libero” di queste compagnie circensi.

Non esiste quindi un solo pubblico del circo, così come non esiste un solo modo di fare circo.

Ci sono tante diverse fette di pubblico, che hanno diverse esigenze e diversi gusti. Il circo è oggi un universo frammentato, dove coesistono mondi separati; un cosmo ricco di bellezza e divisioni, cangiante e sempre nuovo, che si dovrebbe vivere senza preclusioni.