Bruno Macaggi è l’artista che si è aggiudicato il Premio Speciale “CircusNews.it” in occasione della 24esima edizione del Festival Internazionale del Circo d’Italia, dove ha dato prova della sua abilità, dedizione e creatività portando in pista il suo numero di giocoleria con shaker cup, uno dei pochi al mondo. In questa intervista, una carrellata di domande per conoscerlo meglio, sia come persona che come artista.
Ci racconti delle tue origini?
Le mie radici circensi si estendono da generazioni da parte della famiglia di mio padre, che da oltre 40 anni risiede in Spagna, la famiglia Macaggi. Mio padre Stefano è spostato con Trinidad Chaparro Guerrero, mia madre, io ho 25 anni e sono il primogenito mentre mia sorella minore si chiama Valeria.
Io sono cresciuto nel circo di famiglia, il Circo Wonderland, che oggi lavora esclusivamente nel periodo natalizio. Ho fatto di tutto, dall’acrobata all’equilibrista, passando per il monociclo, pole dance, rullo oscillante… ogni anno presentavamo uno spettacolo nuovo quindi proponevamo sempre numeri diversi. Per questo devo ringraziare i miei maestri, in primis mio papà e mio zio Lucio Macaggi, grazie a loro ho acquisito una solida formazione artistica. Recentemente la mia famiglia ha aperto un nuovo circo che si chiama Circo Wow, lavora tutto l’anno, inclusa l’estate, e poi per Natale si sposta in Plaza de Toros a Valencia, dove per questo Natale mi esibirò anch’io. Negli ultimi anni mi capita spesso di ricevere contratti in giro per il mondo quindi non vedo l’ora di esibirmi a casa.
Quando è avvenuto l’incontro con la giocoleria?
A 8 anni, quando ho iniziato a provare ricevendo gli insegnamenti del mio maestro Bohumil Vallabertini. Non mi sentivo particolarmente attratto dalla giocoleria classica con palline e clave. Mio padre, da sempre affascinato dagli shaker cup, soprattutto dopo aver visto esibirsi con essi il giocoliere italiano Vinicio Chiesa, non aveva mai avuto l’occasione di trovarli. Un giorno, per caso, li scoprì in un negozio e decise di regalarmi tre shaker cup. Così, passai le vacanze a giocarci iniziando a sviluppare quello che sarebbe stato il mio numero.
Ci sono artisti a cui ti ispiri?
Sì, i miei idoli non possono che essere grandi nomi come Antony Gatto, Mario Berousek, Kris Kremo… da loro si impara la bellezza della giocoleria. In particolare, c’è un giocoliere che ho sempre ammirato, e solo di recente ho avuto l’opportunità di conoscerlo personalmente. Si chiama Claudius Specht, un ingegnere che, per hobby, pratica la giocoleria, inclusi gli shaker cup come me. Mi sono ispirato molto ai suoi act, mi hanno aiutato ad acquisire fiducia nell’uso degli shaker cup e a creare il mio numero, a cui ho aggiunto il mio tocco personale.
Che sensazioni hai provato a calcare la pista del Festival Internazionale del Circo d’Italia?
Ho provato tante emozioni… Era la prima volta che mi esibivo in Italia e questo mi ha fatto molto piacere. Il prestigio di questo Festival con le sue 24 edizioni alle spalle ti fa percepire una grande responsabilità. Una delle cose più belle è stata sicuramente quella di aver conosciuto tante nuove persone e poi di aver rincontrato vecchi amici.
Qual è il principale insegnamento che hai tratto da questo Festival?
Ho capito che devo imparare a gestire meglio me stesso nei momenti di tensione. Nonostante solitamente riesca a mantenere la calma durante il mio lavoro, in questo Festival ho avvertito una pressione maggiore.
Come ti prepari prima di entrare in pista?
Preferisco avere poco tempo a disposizione, in modo da non dovermi preoccupare o pensare a come potrebbero andare le cose… Mi piace avere poco tempo per truccarmi, scaldarmi e vestirmi piuttosto che avere tanto tempo e pensare che a breve toccherà a me.
Se dovessi dare un consiglio a te bambino, cosa gli diresti?
Gli direi di evitare di diventare un giocoliere (sorride). Richiede una grande forza mentale ed è un numero molto sacrificante. Appena smetti di allenarti per anche solo due giorni, si nota subito la differenza, devi essere costantemente in forma… Forse avrei potuto impiegare tutte le ore che ho dedicato alla giocoleria in qualcos’altro che sarebbe stato più facile da gestire in futuro. Io sono sempre stato affascinato da esibizioni romantiche ed emozionanti, tipiche in numeri come verticali, cinghie aeree, fasce… questo viene difficile farlo in pista con la giocoleria ma mai dire mai.
Se non avessi fatto l’artista circense oggi cosa saresti?
Immagino che avrei lavorato nel mondo della ristorazione e dei bar, da piccolo spesso trascorrevo del tempo nel bar dei miei nonni materni… ma ormai il circo ce l’ho nel sangue e non me lo toglierà nessuno.
Quali desideri per il tuo futuro?
Ho sempre avuto il desiderio di dirigere un circo, e ora sembra che questo sogno si stia avverando. Da quando mio padre ha aperto il Circo Wow, ho assunto un ruolo sempre più influente. E poi lavorare nei luoghi più prestigiosi in cui un artista circense può esibirsi, come il Festival di Monte-Carlo, il Circo Knie, Roncalli, Conelli… sono tutte produzioni incredibili, incluso Palazzo Mannheim, una realtà che ho conosciuto da poco e in cui spero di lavorare in futuro.
Come mantieni fresca la tua routine da giocoliere?
Provando ogni giorno… Ricordo quando provavo con 10 shaker cup, mi sembrava un’impresa impossibile. Poi, quando ho iniziato a provare con 12, mi sono reso conto che 10 ormai erano diventati molto più facili. Ora, da un po’ di tempo, sto provando a lanciarne 14.
Tra le esperienze vissute finora, quali ti hanno particolarmente segnato?
Sicuramente quando fu annunciata la chiusura del nostro circo di famiglia durante l’ultimo spettacolo, che si svolse a Valencia subito dopo Natale. In passato, lavoravamo tutto l’anno in Spagna, ma stava diventando controproducente poiché periodi di grande successo, come Natale, si contrapponevano a stagioni in cui i guadagni erano scarsi. Poiché la nostra famiglia era molto numerosa, con oltre 50 persone, eravamo abituati a vivere e viaggiare tutti insieme. Sapevamo che da quel momento in poi ognuno avrebbe intrapreso la propria strada e che probabilmente non ci saremmo più ritrovati.
All’interno della famiglia c’era un forte senso di unità. Da bambino, sono cresciuto insieme ai miei quattro cugini: Alfio, Randy e Richard. Studiavamo, giocavamo e lavoravamo insieme.
Poi, da un giorno all’altro, a 21 anni, grazie alla fiducia dei miei genitori, mi sono ritrovato a lavorare da solo in Inghilterra. È stata una sfida, ma mi ha fatto crescere molto e mi ha reso più indipendente.
Le due esperienze lavorative più significative al di fuori della famiglia le ho vissute su una nave da crociera chiamata ‘Vasco da Gama’ nel 2021, con una compagnia molto piacevole, e l’altra all’Apollo Varieté della famiglia Roncalli.
Ci racconti un imprevisto che ti è capitato durante un’esibizione?
Sì, grazie a questo imprevisto ho imparato ad organizzarmi per evitare che accada di nuovo… Poiché utilizzo un attrezzo che mi lascia cadere i bicchieri dall’alto in automatico, una volta, mentre mi esibivo davanti al pubblico, i bicchieri non venivano giù e non avevo altri bicchieri con me in pista. Sono andato in panico e ho dovuto abbandonare la pista per correre nel camerino e prendere i bicchieri che tengo lì per le prove. Da quel giorno, porto sempre dei bicchieri di riserva con me.
A chi osserva il tuo numero cosa vorresti trasmettere?
Semplicemente voglio che il pubblico si goda l’esibizione come me la godo io e si diverta ma soprattutto voglio che percepisca la mia energia e abbia un buon ricordo di me…