Il giocoliere perde quello che non ha. Dà le spalle alla gente, guarda cosa gli rimane, si volta e sgrana gli occhi. Si gratta. Ha l’infinito come cappello e da tre giorni non si taglia la nostalgia. E allora? Prude da bagatti! Il giocoliere si accomoda sul gancio inferiore del 9 e se ne infischia. Gambe a penzoloni, osserva un panorama numerico.
Conteggia i posti dove non è mai stato e si rammarica. Aggiusta questo pensiero ma issofatto sente sopravvenire il dato momento, quello che lo dividerà a metà! “Non potrei rimanere qui tranquillo a dire a e b, a e b? Non darei disturbo a nessuno, lo prometto!”. Ma nessuno lo ascolta.
Suona il telefono, la sveglia, il citofono, un clacson, la banda e persino le campane e il forno!
E’ giunta l’ora! Un samurai cade dal 100 e lo ammezza con la sua katana!
La parte sinistra del giocoliere finisce sopra al 7.
La parte destra si infilza nello strato esterno di un’altra cifra.
Sopra al 7 c’è poco, se non un perfetto intervallo libero da occupazioni. Così lui si abbandona a un vecchio passatempo: basta una sfera e la fantasia. Necessita di agilità e concentrazione. Nell’altro atterraggio invece è tutto un pasticcio: penetrata una falda matematica, la metà si trova immersa in un liquido ipnotico: “Quale novero chiuso è codesta mia imponderabile prigione? Cadendo ho perso il conto! Sarò mica arrivato allo zero?”. Sente un perentorio conto alla rovescia. Scava con le unghie per scapparne. La sfera s’inonda di sangue. Creato un pertugio nella parete, ci infila il braccio, metà testa, metà busto, la gamba. La nuova stanza è identica alla precedente ma senza liquido.
Capisce quale numero lo ospiti. Tocca le pareti, i suoi polpastrelli si sporcano. Estrae dal taschino un lunghissimo fazzoletto multicolore e lo strofina su di esse, fino a renderle cristalline, fino a trovare un oblò.
Lo apre e respira aria fresca.
Si affaccia. Vede una scala di legno la cui estremità inferiore si perde nel vuoto (che è azzurro), quella superiore poggia su una lontanissima parete (che è grigia).
Arriva un cicerare, arriva una moltitudine di giovani domande e salgono i gradini baldanzose. Incredulo il giocoliere spalanca la bocca. Vi entra una mosca al quadrato ma non può deglutirla, mancandogli mezza faringe.
Si sente picchiettare alle spalle, si gira e vede la benevola signorina Risposta. Lei lo strattona per il maglione, gli dice: “Dai dai! Saliamo anche noi! Ho creato un varco!”. Lo chiama piccolo Maciste, lui si gira cercando qualcun altro. Lei gli spiega che sotto la quantità c’è un materasso fatto con l’alfabeto: “Ci si può giocare, sai?”. E gli dice che qualcuno lo sta aspettando, da troppe stagioni.

Racconto di Paolo Negri, illustrazione di Eugenio Broggi
Tratto da “22 Arcani circensi, freaks e simili”, Il Cavedio (2022)
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