Una riflessione di Paolo Pristipino
Art Director Festival Internazionale di Roma Capitale – Golden Circus – 30° edizione.

 

Il circo viene definito  “il più grande spettacolo del mondo” ma allo stesso tempo è una vera e propria Cenerentola del variegato e sfavillante universo  dello spettacolo.

Una parente povera, bistrattata, ma segretatamene ammirata, che non è mai riuscita ad imporsi in modo ufficiale come forma d’arte, soprattutto in Italia.

Scarsa sull’argomento è la letteratura, scarsa la storiografia. Di difficile lettura sono gli attuali contorni di questo settore, il quale, da tempo, rivendica una legge che lo tuteli e lo aiuti a sopravvivere, insidiato com’è da più moderne forme di evasione ed accusato dal mondo ambientalista poco informato o meglio al servizio dei propri interessi per i quali la vita degli animali nei circhi è una sorta  di crudele ed efferata tortura.

Quando si parla di circo, generalmente si suscitano reazioni differenti e contraddittorie: è difficile che una che una persona di alto livello culturale ammetta di trovare piacere da questo tipo di spettacolo, che viene, più o meno, apertamente disprezzato e considerato sotto cultura.

D’altra parte, tuttavia, sarebbe ancor più difficile trovare una persona che non abbia mai assistito ad uno spettacolo circense o per lo meno non sia in grado di descriverlo.

Segno, questo, che il circo fa parte della nostra cultura in modo così profondo che sarebbe inutile e sfacciato tentare di ignorare la realtà.        

Questo dimostra come la realtà culturale del circo abbia avuto una straordinaria stabilità e durata nel corso dei secoli, pur modificando ed evolvendo la sua struttura,a seconda dei periodi storici e del contesto culturale cui era inserito.

E come tale, il circo non può essere ignorato e classificato come sottocultura, ma ne vanno evidenziate le radici psicologiche per riuscire a comprendere le dinamiche che da secoli fanno incontrare ogni ceto sociale, di ogni età ed estrazione, sugli spalti del tendone.                           Gli spettacoli circensi affondano le loro radici nelle antiche feste rituali, affermando che ogni forma di spettacolo ha avuto le proprie origini nel circo e nei trattenimenti popolari.

     Scrivendo la storia del circo, si raccolgono le fonti per la storia di tutto lo spettacolo!

Ora per risolvere gli attuali problemi che si manifestano in tutta Europa, e non solo, occorre tracciare due vie: quella europea che arrivi a una “direttiva” e quella nazionale, al fine di armonizzare il tutto per un unico fine: il benessere del Circo. Ogni Paese sviluppi le proprie direttive nazionaliin un contesto europeo in armonia e mai in contrapposizione al fine di risolvere il problema dei problemi e cioè quello della sopravvivenza degli animali nell’habitat circo.

Occorre aprire una riflessione del settore con i responsabili politici e con i responsabili istituzionali su un tema così importante, sia europei che nazionali.

Il circo è legato su un triangolo che ha da un lato l’uomo, sull’altro la natura ed infine l’animale: non c’è assolutamente contraddizione aprioristica con questi elementi e non c’è neppure conflittualità, anche se qualcuno l’alimenta. C’è da recuperare un rapporto, un rapportocomplementare tra l’uomo e l’animale, non di subordinazione dell’animale all’uomo ma per una reciproca comprensione con un grande sforzo per capirsi; lo stesso dicasi con la natura.

Occorre ridisegnare i confini tra la realtà del circo e ad esempio la città, tra spazi della cultura e lo spazio della città. Occorrono leggi per dare risposte certe agli operatori del Circo; occorre costruire una task force culturale che sposi le tesi dei circhi europei per una armonizzazione legislativa che preservi questo mondo.

Per proteggersi dai sempre più vistosi attacchi del mondo animalista, L’ECA si faccia anche promotrice di un “Comitato culturale d’opinione” con sede a Montecarlo in cui aderiscano personalità della cultura, della scienza e della politica di tutta Europa, la cui Presidenza sia affidata a personaggi di riferimento ed operativi, selezionando e promuovendo iniziative che tutelino il nostro mondo.

Occorre arrivare a una “direttiva europea” volta a stabilire i livelli minimi di benessere per gli animali, a definire gli spazi idonei nelle città, attrezzati soprattutto per accogliere gli animali a cura delle municipalità, al fine di educare il pubblico, in specie giovanile, all’utilità socio-culturale che il Circo ha in se; infine i problemi legati ai trasporti ed alla logistica. L’Europa quindi deve essere aperta, con proposte costruttive che armonizzi per un lungo periodo il contrasto tra mondo circense e quello animalista, che tuteli l’unico museo vivente rappresentato dal circo in cui uomo ed animale convivono in perfetta armonia con la natura.   

Tecnologia e natura sono due mondi che devono anch’essi correre parallelamente: l’una non può escludere l’altra, né tanto meno imporre il suo predomino. Si deve tentare una coesistenza delle due realtà. Nella società tecnologica, lo spazio dato al circo sarà uno spazio dato alla natura. Attualmente è uno spazio che il circo difficilmente trova: oltre che materialmente, per indifferenza soprattutto delle istituzioni.

      Andare al circo non è come andare alla zoo: il rapporto con l’animale non è passivo. Anche il circo conserva, anche il circo deve essere considerato come un museo della natura.

    Non vogliamo che un giorno i bambini dicano:‹‹ C’erano le tigri, c’erano gli elefanti ››. …..dovranno sempre esserci, per non sottrarre ai fanciulli il piacere di scoprire quel mondo.   Non dovrà mai più accadere che un bambino cui è stata regalata una tartaruga cerchi di smontarla per cambiare le pile.

       Per questo, sostenere il circo non è semplicemente sostenere una certa forma di spettacolo: se non fosse esistito, bisognava inventarlo. E’ necessario garantirlo, proprio in nome della salvaguardia dell’ambiente. In questo mondo di stalle a batteria, di mangimi sintetici, di manipolazioni genetiche e di surgelati , nulla ci appare più naturale del circo, là dove si compie l’unione fra i popoli diversi e fra popolo e animali.

Molti ecologisti forse è proprio di questo che non tengono conto.
Hanno perso di vista la storia: per questo il punto finale del loro agire non è chiaro. Ma chi contesta la naturalità del circo esprime un giudizio astorico.

 

 

 

Latina 21 ottobre 2013

 

 

La parte italiana

C’è un indiscutibile fascino nell’idea di circo: è innanzi tutto un’idea di libertà, di arte spontanea, di virtuosismi corporei, di conservazione, di famiglia. E’ la forza dell’unione dei popoli pur nella loro diversità.

Se vogliamo, dunque, individuare un primo valore del circo, questo è senz’altro nel suo assorbire elementi diversi e armonizzarli in una sintesi suprema: quella dell’arte, dell’arte che nasce spontanea dalla potenza e dalla forza del corpo.

Così, il circo diventa immediatamente esaltazione della natura, della sua forza creatrice che ha nell’uomo la sua più splendidaespressione.

Senza tabù e paure, possiamo affermare che, proprio sotto la tenda, si celebra l’unione dell’uomo con la natura, attraverso il contatto con gli animali.

Rivisitiamo così, il circo in chiave ecologica. La tecnologia riduce la confidenza con la natura. Certo ben venga il progresso tecnologico, ma se vogliamo trovare degli spazi metropolitani che abbiamo il sapore e l’odore,per così dire, della natura, dobbiamo guardare all’arena del circo e gustare lo spettacolo che uomo e animale ci offrono: la complicità assoluta, l’intesa, la fiducia, l’affetto. C’è una comunicazione giocata: la pazienza e la disponibilità dell’uomo stemperano la ferocia dell’animale.

     Il circo è presidio vivente; le esibizioni sono lo strumento attraverso cui si esplica la sua funzione educativa e pedagogica.  E’ un grande contenitore di linguaggi diversi mirabilmente tradotti dal forte senso di comunicazione tra i popoli. Il circo è più dell’Europa. E non è tutto. 

Il circo èlibero, errante, cittadino del mondo intero, è allegro e fantasioso. Qualche volta mostruoso, quando l’abilità umana, sempre espressione della forza e della potenza della natura, consente di compiere esibizioni e trasformazioni al limite del possibile, testimonianza che niente nel circo viene lasciato al caso.

     Tutto è frutto di esercizio e ragionamento, E questo è sinonimo di professionalità. Non solo.

Rapportato all’artista è un laboratorio in cui la fantasia dell’uomo si sbizzarrisce. Riferito agli animali, diventa una nuova arca di Noè. Nel circo l’animale è protetto, è amato. Ed ogni etnia ha un suo specifico rapporto con le specie animali. Oggi l’operatore circense è all’avanguardia ed ha stabilito un rapporto più diretto e confidenziale con l’animale, seguendo nell’ammaestramento quello che è più consono circa le abitudini e la natura stessa dell’animale. Si è dato delle regole ed ha iniziato un lungo cammino educativo e di autoregolamentazione.

Ma la grandissima considerazione che i cittadini delle grandi tende hanno per gli animali troppo spesso si scontra con le realtà difficili. Il desiderio di tutti i circensi è quello di superare le attuali strutture. Si tratta di spazi troppo stretti per consentire agli animali una vita comoda. Bisogna trovare una nuovapossibile dimensione, possibile da risolvere se c’è volontà politica.

E’ solo un problema di spazi, che però affligge quanti nel circo vivono, giorno dopo giorno, con gli animali. Affligge perciò tutti.

E non è un problema solamente italiano: la situazione è comune a tutti i Paesi industrializzati.

E’ lo Stato che deve provvedere. L’ipotesi è quella di costruire, nei grandi centri urbani, grandi spazi per il circo ed i suoi animali. Una sorta di parco-circo in cui tigri, elefanti, leoni, pantere, cavallidove possano essere ospitati e vivere come in libertà.

Tutto questo significherebbe tutelare e garantire la conservazione del pianeta circo e quindi la transnazionalità, la popolarità e le tradizioni gelosamente custodite, insostituibile patrimonio culturale di un mondo deciso a non scomparire e semmai a crescere ovunque nel mondo.

Da qui è possibile affrontare con organicità la riforma degli strumenti giuridico-istituzionali relativi all’organizzazione e promozione della cultura e dello spettacolo circense, ispirandoci a quei principi di qualità, di separatezza, di autonomia, di rispetto dei ruoli. Vanno decentrate competenze, funzioni e risorse alle Regioni secondo regole di gradualità e bilanciamento, accompagnate da norme quadro che assicurino autonomia culturale e pari opportunità di accesso e partecipazione.

E’ un salto di qualità che manca all’attuale Italia, cenerentola d’Europa in tante materie.

Noi rifiutiamo ogni logica assistenziale ma dobbiamo trovare riscontro in sistemi programmati di intervento dello Stato, in coerenza con i princìpi generali di riequilibrio culturale – territoriale e di gestione che valutino l’efficienza e la produttività, sostenute da agevolazioni fiscali, da sovvenzioni e contributi solo in presenza di specifici valori culturali.

Una riforma organica del settore necessita diuna ridefinizione del nuovo assetto istituzionale e gestionale del circo, non in senso repressivo.

Lo Stato e le Regioni debbono esercitare unicamente funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo e non di gestione diretta. La cultura deve essere considerata come una risorsa anche economica e gli operatori della cultura debbono godere di piena libertà e autonomia. Le finalità sono quelle di provvedere alla tutela, alla valorizzazione , alla promozione ed allo sviluppo del patrimonio e della creatività culturale circense del Paese.

Il ripensamento dell’uso del territorio al fine di ‹‹ raddrizzare ››storture culturali per riorganizzare le funzioni ed i ruoli su questo tema è uno dei princìpi che il Governo deve condividere.

Occorre, quindi, operare una intensa azione culturale per far comprendere, e mi ripeto, al mondo politico, quanto sia necessario riappropriare all’uomo tutte le culture che fanno parte dei vari momenti dell’esprimersi umano.

Mancando una analisi sull’immagine e sulla funzione delle città, si fa torto a tutto ciò che appartiene alla cultura ed alla civiltà dell’uomo.

Su questi temi si sono generati due fenomeni riduttivi:

a)         il primo, che la cultura ecologica viene confidata alla sola salvaguardi del verde o dell’habitat immobilizzato;

b)         il secondo che la cultura ecologica considera la cultura dell’uomo come estranea alla cultura dell’habitat e cioè nemica dell’esistente.

      Eliminare questi due paradossi significa ricreare la reale dimensione culturale dell’uomo.

     All’attuale società non sono più sufficienti le strutture esistenti, per di più regolamentate da norme concepite cento anni fa, e la forte domanda determina un uso improprio degli spazi, non idonei alle mutate aspirazione della massa.

        La cultura del territorio, dopo i miti consumati dalle varie ideologie illuministiche, positivistiche, marxiste e neo borghesi, è sempre più vista come immagine della cronaca quotidiana e della storia recuperata complessivamente nel fare dei cittadini.

       Non vi è, quindi, un problema di bacini di destinazione selettiva di classi di utenza, ma piuttosto la necessità di ritrovare, programmando, i luoghi urbani commisurati alle varie tipologie, quelle di spettacolo, e alle prevedibili quantità di utilizzazione.

     Quando si parla di spazi non si pensa o, meglio non si dovrebbe più pensare a sezioni mono – funzionali dello stesso spazio della città, ma organizzazioni  programmate e finalizzate in cui entrino contestualmente i bisogni di ricontattare la natura, quella di esprimere il pensiero civile e quello di utilizzare i processi tecnologici.

      Si rende necessaria una normativa organica sui luoghi di fruizione, che trae origine dalla crescita della domanda di nuovi spazi per lo spettacolo  e dalle preoccupazioni in ordine  alla conservazione e alla tutela di un patrimonio lasciato troppo spesso in stato di abbandono. La normativa da emanare dovrà provvedere cosi a stabilire standard obbligatori di spazi a disposizione delle iniziative e manifestazioni culturali, al cui interno saranno i comunia definire , con appositi piani, tutte le possibilità e offerte e quelle da organizzare ed attrezzare.

     L’uso degli spazi e dei luoghi da adibire alla fruizione dei beni e delle attività culturali dovrà essere oggetto di una regolamentazione organica che li ponga in relazione fra loro e con il territorio; i comuni con popolazione superiore a 30 mila abitanti saranno tenuti a redigere specifici piani comunali che, sulla base di standard obbligatori  per la disponibilità  di  spazi destinati all’accoglienza di attività e manifestazioni culturali, tengano conto delle potenzialità della domanda, delle disponibilità esistenti, dei nuovi interventi e della necessità di armonizzare la salvaguardia dei caratteri peculiari dell’ambiente con le esigenze di diffusione; i necessari interventi in sostegno dello Stato e delle regioni dovranno assicurare condizioni di sicurezza e tutela sia del pubblico che dei luoghi, agevolando in modo particolare le azioni di riequilibrio culturale sul territorio, il ripristino funzionale dei locali e degli spazi ed aree  dismesse, l’adeguamento  tecnico e funzionale , con particolare attenzione alle innovazioni tecnologiche , la diffusione , fra gli operatori interessati, della proprietà immobiliare delle strutture specializzate.

  Nel definire gli interventi a sostegno dell’attivitàcircense si dovrà provvedere alla valorizzazione della cultura nazionale, alla incentivazione della qualità, della ricerca e sperimentazione, della promozione, dei nuovi autori , della semplificazione e omogeneità degli strumenti operativi, dei circuiti nazionali e regionali protetti.

Diventa improrogabile rompere vecchi schemi e riformulare le categorie concettuali che hanno legittimato gli interventi dello Stato nel campo della cultura e dello spettacolo circense.

Si va sempre più diffondendo l’idea di definire una nuova politica culturale capace di contrapporsi o almeno di ridimensionare quell’economicismo che è poi consumismo, che in molti Paesi ha occupato l’intero orizzonte sociale e condizionato l’azione della sfera politica.

La nuova politica culturale significa concepire lo sviluppo qualitativo come progetto e la formazione culturale dell’uomo come fine. Significa riscopriree  valorizzare  il senso dell’umano di ogni processo di sviluppo.

 

Paolo Pristipino

Art director

XXX Festival Internazionale di Roma Capitale

Golden Circus

 

 

 

Latina 21 ottobre 2013