In un momento in cui tutti quanti si divertono a dare addosso al circo, nobile arte e prestigiosa forma di spettacolo in Italia purtroppo relegata nelle serie inferiori, noto con piacere che finalmente qualcosa si sta muovendo. Qualcuno si è reso conto che quando avevo detto più volte, esattamente dal 2008 al 2010, alle assemblee Cadec in quel di Latina, non erano elucubrazioni e nemmeno voglia di criticare o di polemizzare. Erano e rimangono modi, invece, per provare a capire cosa in Italia non funziona nel circo e perché, a differenza delle nazioni più evolute, nel belpaese spesso ci si vergogna di apprezzare mondo e spettacolo circensi. Non avete mai detto, a chi vi chiedeva, di andare al circo per accompagnare i bambini? Avete mai detto a fronte alta: “vado al circo perché mi piace e perché è uno spettacolo di serie A”’. Tutta questa breve introduzione, per dire che adesso alcune cose, finalmente, si stanno facendo per uscire dal limbo: la bella manifestazione a Roma pro circo a Montecitorio, la festa con papa Ratzinger, i comitati spontanei davanti ai circhi a difesa dagli attacchi degli animalisti, Movimento Giovanile. Il tutto per confermare le tesi mie e di qualcun altro: bisogna lavorare sull’immagine e sulla comunicazione. Le mie solite esternazioni che, rifatte per l’ennesima a Latina nell’ottobre scorso, incassarono i commenti positivi di Cavedo ma anche di Davio Casartelli che ebbe a dirmi: “tu hai capito tutto”.

Purtroppo io vivo all’estrema periferia dell’Italia e nella mia Sicilia posso solo dare una mano ai circhi che passano, se me lo chiedono, e scrivere articoli, con tanto di foto, per circo.it. Il resto rimangono pie intenzioni, progetti, sogni, percorsi comunicativi ma idee molto chiare.

Ma cosa c’entra il titolo usato per questa riflessione? Mi è balzato in mente dopo avere scritto le mie riflessioni su circusfans.net e quelle, in un primo momento di segno opposto, di Flavio Michi su amicidelcirco.net. Io ho provato a spiegare cosa è accaduto a Mascalucia rifacendomi alle grandi parate che nelle grandi città europee e statunitensi facevano fino a un paio di anni fa e credo facciano ancora. Dall’altro lato, invece, un altro amante del circo che si inviperisce e che vuole riportare gli incresciosi fatti all’ENC. Non vi sembra un modo diverso di amare il circo? Gagi tutti e due ma uno che prova a scrivere, in assoluta libertà, per tutelare l’immagine del circo e dei circensi; l’altro che invece, da ingranaggio dell’estabilishment, fa paventare eventuali provvedimenti per un episodio poco velatamente condannato.

Allora mi chiedo, e faccio nomi e cognomi perché nel mio lavoro di giornalista sono stato sempre abituato a fare? Ma sono le vicende come quelle di Mascalucia a danneggiare di più l’immagine del circo oppure episodi come quello del grande circo e della piccola tipografia denunciato su di un network nazionale da Le Iene? E perché su questo secondo episodio nessuno si è inviperito e nessun sito, ad eccezione di circusnews.it, lo ha riportato? Siamo certi che se il circo in questione non fosse stato uno dei colossi del sistema (e non me ne vogliano Moira, Walter e Stefano), avremmo dato invece ampio spazio nei nostri forum e nei nostri siti. Ecco che la parola nostri mi fa fare un’altra riflessione che centra il problema. Per risalire la china bisogna uscire dai confini nostri; non ha senso parlare di circo al suo interno, non si può affidare immagine e comunicazione a persone che vi impiegano pochi fondi e poco tempo. Bisogna riuscire a far parlare di circo ed a spiegare le cose, sulle testate nazionali, nelle tv locali, regionali  e statali, nelle scuole e nelle università come fa Alessandro Serena. Ma anche le cose che capitano all’interno del mondo del circo, fanno talvolta perdere credibilità. Vero è che adesso le cose sono migliorate ma ogni tanto vengono fuori ancora storie di assicurazioni non pagate, fatture per manifesti non rispettate, personale che ha lavorato per una vita e che si ritrova senza contributi ecc. ecc. Amenità queste che vanno ad aggiungersi alle fandonie che ancora si sentono dire sulle piste dei circhi italiani: cognomi nostrani che diventano francesi o americani; animali nati in ogni città della tourné; artisti che festeggiano il compleanno ogni giorno. Piccole e grandi cose che ripeto da tempo e che, sono certo, quando vengono a galla non fanno altro che gettare fango sul mondo circense. E’ chiaro che la crisi economica del momento, è davvero terribile, ma certe abitudine di gestione sembra che esistano da parecchio tempo.

Sia chiara una cosa. Se scrivo queste cose, e le scrivo su spazi utilizzati dagli appassionati di circo (mai le direi in tv), è perché amo questa forma di spettacolo e perchè mai ancora sono riuscito a trovare qualcuno, molto più preparato di me anche come conoscenze specifiche, che mi spieghi perché mai l’immagine del circo sia diventata questa nonostante in Italia abbiamo eccezionali artisti che magari operano costantemente in piccoli complessi ma che poi riescono a trovare ingaggi all’estero. E proprio fuori dai confini italiani, i circhi continuano a fare sold-out anche con i nostri numeri. Il tedesco Krone, ad esempio, ha chiuso la stagione estiva a novembre scorso con una media di circa 3000 spettatori per ogni esibizione. Grosse cifre anche per lo svizzero Knie, per il francese d’Hiver e per tantissimi circhi di Natale in Germania e nel nord-europa. Tradizioni e forma mentis che, in Italia, sono state dimenticate o soppresse nonostante proprio un italiano, Antonio Franconi, sia il pioniere del circo equestre moderno. Ed a proposito di mentalità, ricordo un altro episodio che fa evidenziare quanto il nostro Paese sia distante dal resto dell’Europa. Tempo fa un sito (non ricordo se circusfans o amicidelcirco) pubblicò delle foto del montaggio di un circo in una piazza centralissima ed ampia di una cittadina del nord, forse olandese. In mezzo alle coloratissime casette, si installa il circo e nessuno si lamenta. Vuoi vedere cosa invece accadrebbe in Italia? Quante lamentele e denunce verrebbero fuori dai residenti e riprese dalla stampa? Ma forse il circo in Olanda è meno rumoroso del nostro? I circensi di quelle latitudini sono più cordiali? Gli animali olandesi ed i loro bisogni fisiologici fanno meno puzza di quelli italiani? Credo proprio di no. Eppure nessuno alza barricate ed il circo lavora in piena città. Allora è proprio questione di mentalità e di un settore che va sempre di più perdendo terreno nell’opinione pubblica. Questione di comunicazione per un mondo che ha direttori ed artisti eccelsi, ma che non riesce, o non vuole, rinascere chissà per quali ragioni. Di questo bisogna riferire all’Ente Nazionale Circhi e per questo, sempre in una di quelle famose assemblee, avevo parlato di soci Cadec o di altri che, con tanto di taccuino, si recassero nei circhi per vedere e sentire a 360 gradi, spettatori compresi. Ispezioni? Assolutamente no, ma visite necessarie a capire e proporre suggerimenti al fine di migliorare l’immagine

Piero Messana