TORINO – Due mondi magici dell’immaginario – il circo e il successo – si confondono (ma anche si confrontano) nell’«Immortal World Tour» dedicato a Michael Jackson che il Cirque du Soleil sta portando in giro per il mondo da ben due anni: una specie di lussuoso regalo alle fantasie di grandi e piccini che mescola inopinatamente il virtuosismo pazzesco e anonimo dei corpi di atleti di ogni nazione, con la saga di una figura dello starsystem consegnata ai cieli dell’innocenza dopo una vita discussa quanto tribolata, qui esplorata com’è ovvio in modo celebrativo. Il debutto italiano l’altra sera al Palaisozaki di Torino, di fronte a circa seimila persone (e altrettante sono state registrate ieri sera, secondo i fati offerti dall’organizzazione) ha infatti calamitato due pubblici: gli appassionati tout-court del trentennale benemerito marchio canadese che ha bandito gli animali dallo spettacolo circense, e frotte di fans di tutte le età del Peter Pan del pop. Compreso un agguerrito gruppo di signore di mezza età con tanto di striscione, che un po’ troppo decisamente mi hanno “invitata” a non usare il nome “Jacko” riferito a Michaelino: «Lui lo detestava, non si permetta». Vabbé. 

C’è stata meraviglia per tutti, e fuochi d’artificio che neanche a Piedigrotta. Lo show rutilante procede per vite parallele, ciascuno nel proprio mondo e al massimo uniti da una canzone, alternandosi sopra lo stesso palco che si allunga fra la folla, mentre alle spalle un enorme sfondo ospita le proiezioni e talvolta – su più piani – una band che suona e canta sul serio, pittoresca come ogni particolare del Cirque. Si parte con Michael, ed il vero omaggio sta in questi primi minuti, con cinque copie del re del pop di diverse etnie che ballano nel suo stile, fanno moonwalk e si arrampicano sullo schermo interagendo arditamente con le immagini.  

E i bambini? Già, i bambini: c’è il piccolo Michaelino, nei filmati dell’infanzia con i Jackson Five, un portento indiscutibile, sappiamo poi dai racconti successivi a quale prezzo. Piccole statue bronzee stazionano all’improvviso davanti al cancello favolistico di Neverland, la leggendaria tenuta californiana: si animano, ballano con bellissimi effetti, ricordando la passione per i bimbi di Jackson che gli ha dato tanti guai; spiccherà da lì in avanti un atleta adolescente con una gamba sola, che fa meraviglie con le stampelle, ci si arrampica addirittura. I balletti incalzano, c’è una specie di trascinante sabba techno intorno a «Wanna Be Starting Something», e più tardi vengono ripercorsi alcuni dei più significativi momenti topici della carriera di Jacko: per tutti «Thriller», con uno squarcio del video che ha fatto storia, e «Smooth Criminal» che rende omaggio al balletto celeberrimo, del quale Spike Lee nel suo film biografico racconta con efficacia poetica la genesi. I successi discografici si susseguono a spizzichi: lo spettacolo ha da tempo la sua colonna sonora in cd, dal titolo «Immortal», che le signore scatenate del «Make a Better World Foundation» avranno comprato.  

Ma poi, che sarebbe il Cirque du Soleil senza il suo parterre de roi di atleti e acrobati mirabili, reclutati ad ogni Olimpiade e saggio ginnico da emissari del marchio in giro per il mondo? La struttura doppia dello show tematico lascia loro meno spazio rispetto alle rappresentazioni abituali, ma è sempre una meraviglia vedere che cosa si possa fare con un corpo umano allenato. Sembra non esistere legge di gravità per la piccola graziosa artista sospesa a un palo, nel vuoto, con la forza di una caviglia, o per gli intrecci amorosi della coppia che vola da una corda all’altra cercandosi per aria con una sola mano. Qui, come nelle prodezze a corpo libero di un pugno di guerrieri fumettistici, non esiste fama, ma solo il tributo liberatorio di un applauso alla fine di un cimento ogni volta gravido di incognite. 

Successone, e replica al Forum Mediolanum il 23 e 24 febbraio, con due spettacoli al giorno, alle 16 e alle 20: praticamente esaurito, tranne la domenica pomeriggio (e poveri atleti, che faticaccia).