Dopo una settimana di repliche il nuovo spettacolo dell’American Circus, installato a Milano in Piazzale Cuoco fino a metà novembre, fila liscio e i numeri si susseguono con un buon ritmo. E’ molto probabilmente lo spettacolo più interessante presente oggi in Italia, considerando la presenza di almeno tre numeri di troupe (cosa ormai rara per i circhi italiani) e un corpo di ballo dedicato. A dare poi ancor più smalto allo show è la straordinaria gabbia di 8 tigri presentata da Bruno Togni, uno tra i migliori domatori presenti oggi in Europa.

Lo spettacolo, dopo una parata d’apertura con il corpo di ballo dedicato (e non artisti riadattati a questo ruolo), si apre con la prorompente giocoleria di Sonny Caveagna capace di far sembrare semplici combinazioni molto complesse e proposte ad una velocità incredibile. Pubblico subito caldo ed attento quindi. Elegante e raffinata la cavalleria proposta da Bruno Togni (spiace un po’ non vedere tutta la cavalleria dell’American Circus, causa l’impossibilità di Flavio Togni di scendere in pista). Ad attirare poi l’attenzione è la troupe di volanti dei Rodrigues con un discreto numero al trapezio nel primo tempo e con un ottimo numero di filo alto nel secondo (anche qui sono davvero pochi i circhi in Italia a presentare questo grande classico). Di assoluto rilievo i salti a terra al fast track degli ucraini Flying Jumpers che fanno respirare agli spettatori la grande atmosfera del circo internazionale. Ottimo il verticalismo di Samuele Manfredini, discrete anche le riprese comiche, non troppo invadenti e leggere.

Una serie di numeri quindi di livello nazionale ed internazionale che si susseguono. Forse complice la mia recente visita all’Arlette Gruss sento però la mancanza di una regia e delle musiche dal vivo che renderebbero lo show ancora più emozionante trasformandolo in un’esperienza unica per lo spettatore.

Perla di tutto lo show è la gabbia di Bruno Togni, che con eleganza e maestria gioca con le 8 tigri presenti. Le guida e le porta con sé trasmettendo un’armonia rara e regalando al pubblico minuti di straordinaria bellezza. Anche qui il tiro è da grande circo internazionale e non sfigurerebbe nemmeno al Festival di Montecarlo.

Con queste strutture e questi artisti il risultato, che è davvero buono, potrebbe diventare eccellente se il tutto fosse affidato ad un regista in grado di rendere il tutto un'esperienza uniforme e fiabesca. Si tratta però di scelte ed impostazioni ben definite che la famiglia Togni ha scelto di dare allo spettacolo. Un grande circo classico, senza numeri riempitivi, con tanta sostanza dove il gesto tecnico è al centro ed è ciò che conta. Riempie il cuore uscire da uno Chapiteau di un circo italiano e capire che si sta ripartendo e si sta provando a recuperare la strada persa. Bravi Togni.

Davide Vedovelli