Impressioni a caldo sul Festival del Circo

Il Principato di Monaco è per molti l’emblema della ricchezza, dello sfarzo e del lusso, un mondo dorato a picco sul mare, dove pochi eletti si sono rifugiati per meglio godere della loro fortuna.

Per gli appassionati di circo, il Principato di Monaco è soprattutto qualcos’altro: il luogo incantato dove ogni anno si realizza il festival del circo di Monte-Carlo, il più importante concorso circense del mondo, quest’anno giunto alla quarantaquattresima edizione.

Si presume che gli artisti che partecipano a questo festival, già per il fatto di concorrere, siano arrivati alla vetta della loro arte, che siano tra i migliori al mondo.

Le aspettative sono quindi inevitabilmente altissime, ma puntualmente, ogni anno, la realtà supera l’immaginazione.

In due giorni ho visto circa 8 ore di circo di livello elevatissimo. Descrivere nel dettaglio uno spettacolo del genere è impensabile, ci vorrebbero decine di pagine. Vi darò solo alcune impressioni critiche, a caldo, cercando di raccontare le peculiarità di questa edizione e quello che più mi ha colpito.

La sera di sabato sono stato ammaliato dal numero della troupe acrobatica di Shandong “spinning plates”, premiata con un meritatissimo Clown d’Argento. Ogni acrobata teneva in ciascuna mano cinque lunghi bastoncini su cui faceva roteare cinque piatti, mantenendoli in equilibrio precario. Dieci piatti per ogni artista. Immaginate la meraviglia quando, mantenendo in equilibrio questa miriade di piatti rotanti, le acrobate hanno cominciato a salire una sopra l’altra, costruendo figure via via più sorprendenti. Grande capacità tecnica individuale, bellissimo l’effetto complessivo.

All’inizio del numero qualche piatto è caduto. La cosa eccezionale è stato vedere il recupero, il sangue freddo, che ha permesso di riportare tutto nell’ordine prestabilito.

L’errore non deve stupire: a Monte-Carlo gli artisti sbagliano molto più di quanto si pensi. La contraddizione è solo apparente. Gli artisti, in una vetrina così importante, sono sotto pressione; inoltre, tendono a dare il massimo, a raggiungere il loro limite estremo. Una situazione di questo tipo implica necessariamente che si possa sbagliare.

E l’errore può essere anche altrove. Soprattutto nella sera di sabato ho notato alcuni problemi tecnici per quanto riguarda la parte musicale. A parte l’orchestra di Reto Parolari che suona dal vivo, impeccabile, le colonne sonore dei numeri sono state in più occasioni imperfette. Ci si aspetterebbe che i pezzi vengano adattati alla durata del numero, anche ricorrendo a dissolvenze e loop, non che la musica si interrompa all’improvviso per poi ripartire… in sostanza, sembra ci siano stati dei problemi alla console.

Sempre restando alla prima sera, mi è restata impressa la performance alla barra russa del trio “The Dandy’s”, perfetta e sorprendente, giustamente premiata con un Clown d’Argento.

Ma veniamo ai Clown d’oro.

Trovo giusto che questo riconoscimento, il più ambito, sia stato assegnato alla cavalleria del circo Knie. Per quanto riguarda l’addestramento dei cavalli, la famiglia Knie resta la migliore al mondo. In particolare, ho trovato emozionante Maycol Errani, che ha pienamente raccolto l’eredità di Fredy Knie junior, portando in pista un magnifico carosello con 30 cavalli. Non è stato da meno Ivan Frédéric Knie con i suoi cavalli in libertà, né Wioris Errani, che con Ivan ha realizzato la famosa “doppia posta ungherese”.

Un altro Clown d’Oro meritatissimo è stato assegnato ai Martinez Brothers, che hanno realizzato dei giochi icariani di straordinaria difficoltà, tra i più spettacolari che abbia mai visto, concludendo il numero sollevati a grande altezza. Uno dei due “fratelli”, Arashi Alan Kofukada, ha anche vinto il premio in memoria della Principessa Antoinette, conferito all’artista più giovane della rassegna.

Un’ultima citazione la riservo alla Troupe Ayala e Henry il Clown. Ho sudato  freddo. Un numero al filo alto, molto alto, più su dell’insegna del festival e dell’orchestra, dove il direttore li guardava attonito, forse terrorizzato. Sotto, solo dei materassini alti un palmo. Un numero di funambolismo ai limiti dell’incredibile, che ha fatto versare fiumi di adrenalina, premiato con un Clown d’Argento. Mi è piaciuto? No. Che imparino a mettersi in sicurezza! Come meglio credono, ma certo non con quei ridicoli materassini.

Si dice che il rischio faccia parte del circo, che sia una parte importantissima dello show. È vero, siamo d’accordo, ma c’è un limite a tutto: preferisco qualche cordicella in più e qualche infortunio grave di meno. Io ai circensi ci tengo.

Armando Talas