Gesto tecnico e numeri unici al mondo al Festival del Circo di Monte-Carlo accendono la discussione tra appassionati ed addetti ai lavori su quale sia la strada giusta da seguire.

La grandezza dell'arte circense sta anche in questo: fa discutere, confrontare, scontrare e accende gli animi di appassionati ed addetti ai lavori. Questo lo fa solo la grande arte ed il confronto è elemento prezioso per far crescere e migliorare l'artista. Il saper mettere tutto in discussione è, a mio parere, il modo migliore per analizzare un evento, un fatto, uno spettacolo, un numero di circo.

Questa premessa è fondamentale e deve servire come chiave di lettura all'articolo perchè la prima impressione potrebbe essere quella che un detto popolare nel mio dialetto riporterebbe come “fa i pè a le mosche” (fare i piedi alle mosche), ossia andare a cercare per forza il pelo nell'uovo, la sbavatura.

Quello che viene proposto al Festival Internazionale di Montecarlo è il meglio del circo mondiale e purtroppo in Italia, da alcuni anni, è impossibile godere di tanta bellezza e maestria, tranne rarissimi e sporadici casi.

Nei circhi italiani sono praticamente scomparse le troupe e i numeri sono affidati al singolo artista a un duo o un massimo di tre persone e questo è un limite enorme per alcune discipline.

Ho letto con piacere e passione la bellissima analisi del collega ed amico Armando Talas, pubblicata qualche giorno fa proprio su circusnews.it, con il quale ho condiviso la trasferta monegasca dove abbiamo goduto di circo, eno gastronomia e lunghe chiacchierate su cosa sia e cosa dovrebbe essere il circo oggi.

Ma andiamo con ordine e parliamo del Festival.

Quest'edizione è stata dominata, per scelta dichiarata dell'organizzazione, dalla cavalleria del circo Knie e dall'importanza del gesto tecnico, quest'ultimo anche a scapito di una coreografia magari più poetica ed elaborata.

Subito qualcuno mi dirà che è possibile unire le due cose… Gia Eradze lo scorso anno c'è riuscito.. ma di Gia Eradze, purtroppo, ne esiste solo uno e quest'anno era il Presidente di giuria.

Anche lo spettacolo del Centenario del Circo Knie ha trovato una simbiosi perfetta, ma diverso è costruire uno spettacolo su misura e altro discorso è un Festival, dove i numeri non possono essere legati tra loro e le atmosfere possono addirittura essere antitetiche tra loro. Io, da sempre appassionato del gesto tecnico pulito, perfetto, veloce e preciso, a volte sono quasi “infastidito” dalla coreografia, un “di più” che toglie tempo alla performance. Per quanto possa dare poesia e armonia la parte centrale per me resta l'esercizio tecnico. Troppe volte si assiste invece ad un'inversione delle parti (non a Montecarlo, sia chiaro) dove una coreografia bella ed elegante non è sostenuta a sufficienza dalla preparazione tecnica (nel circo contemporaneo italiano questa brutta prassi è diffusissima). Se devo scegliere tra un numero al trapezio con quadruplo salto mortale, asciutto, lineare e preciso e una coreografia stile Cirque du Soleil ma dove poi la parte tecnica è mediocre io non ho dubbi.

Il Festival di Montecarlo di quest'anno ha voluto esaltare questo elemento: la tecnica.

Per onestà intellettuale va detto però che nella serata di sabato alcuni problemi all'impianto audio hanno inficiato e forse messo in difficoltà l'esecuzione del numero stesso. Il fatto che per me la musica non sia la parte dominante del numero non vuol dire non sia importante o non debba essere curata bene. Il numero della troupe Zola (sicuramente in una serata “no” visto che sabato non è riuscito nessun atterraggio dell'esercizio alle bascule) e la cavalleria del circo Knie hanno risentito più di tutti di questa cosa. Non dovrebbe ma può capitare, sopratutto in uno spettacolo così complesso. Spiace però per gli artisti che si sono trovati a dover gestire questa cosa, oltre alla tensione dell'esibizione.

Resterà sempre impresso nella mia mente lo straordinario numero di giochi icariani dei Martinez Brothers, giustamente Clown d'Oro che hanno tenuto tutti col fiato sospeso proponendo una serie infinita di evoluzioni anche a grande altezza.

 

Menzione anche per la Troupe Flying Tuniziani, anche loro Clown d'Oro, che hanno proposto un quadruplo salto mortale. Il numero è però risultato lungo, con molte pause (caratteristica però intrinseca del trapezio) e nella serata di sabato due errori hanno sporcato leggermente la performance.

Ulteriore elemento di discussione, e qui mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensano gli artisti e gli addetti ai lavori, è la questione se sia o meno “etico” fare un numero senza rete o cavo di sicurezza.

Questa discussione tra me ed Armando l'ha scatenata l'ultimo numero della domenica, quello proposto dalla troupe Ayala che ha presentato un difficilissimo numero di funambolismo a grande altezza senza protezioni (fatto salvo alcuni materassini alti pochi centimetri posizionati in pista).

Salti in corda sul filo e acrobazie incredibili hanno regalato a me una dosa di adrenalina davvero indescrivibile. Il fatto che gli artisti non potessero sbagliare, pena una caduta con conseguenze potenzialmente letali, è stato per me valore aggiunto, ingrediente essenziale del numero stesso. Pensarlo con una rete di sicurezza sotto avrebbe tolto, a mio gusto e parere, molto della straordinarietà dell'esibizione.

Il collega Armando, giustamente, pone questa domanda: “Che senso ha rischiare un infortunio (non così rari nel circo) e che qualche artista debba interrompere la propria carriera (nella migliore delle ipotesi)?”

Razionalmente mi viene da dire “Nessun senso”. Lo stesso numero fatto in totale sicurezza non avrebbe inficiato la considerazione del pubblico sulla bravura della troupe.

Però oltre alla componente razionale c'è quella emotiva: l'adrenalina e il sudore alle mani che questo numero ha suscitato, proprio per l'altissimo rischio che portava con sé, l'ha reso ancor più unico e sensazionale e me lo ha reso indimenticabile.

Voi che ne pensate? Dovrebbe essere obbligatorio che i numeri si svolgano in sicurezza (considerando che il rischio zero al circo non può esistere)? il rischio, a volte anche della vita, è nel DNA stesso del circo e non può essere eliminato?

Davide Vedovelli