Qualunque cosa vi aspettiate da questo spettacolo, per quanto in alto possa correre la vostra immaginazione, troverete di più, molto di più. Ancora una volta Le Cirque World’s Top Performers centra perfettamente l’obiettivo e confeziona uno spettacolo di altissimo livello artistico, assolutamente entusiasmante. Dopo lo strepitoso successo di Alis, che sta ultimando la nuova tournée italiana, continuando a raccogliere consensi unanimi, la nuova scommessa è Tilt. E siccome “squadra che vince, non si cambia”, Gianpiero Garelli, il produttore, ha affidato la direzione artistica generale e la regia ad Onofrio Colucci (già direttore artistico e maestro di cerimonie in Alis) e la direzione degli artisti a Anatolyi Zalevskyi, straordinario artista ucraino di grande esperienza, vincitore della medaglia d’oro al Festival du Cirque de Demain a Parigi nel 1998 e del prestigioso Clown d’Oro al Festival Internazionale di Montecarlo nel 1999.

Lo show è liberamente ispirato a “Ready Player One”, il film di fantascienza di Steven Spielberg, a sua volta tratto dal romanzo di Ernest Cline: in un futuro non troppo lontano, su un pianeta devastato e città divenute baraccopoli, gli abitanti cercano una via di fuga nel mondo virtuale di Oasis, dove Anorak l’Onnisciente lancia un concorso per la ricerca di un uovo di pasqua che farà guadagnare un quarto di trilione di dollari al vincitore.

L’impianto scenico vede sullo sfondo una costruzione in tubolari metallici a due piani, una specie di condominio a sei stanze, tre sotto e tre sopra, collegati con scale a vista, ognuna delle quali dotata di due porte girevoli che permettono infinite soluzioni di entrate ed uscite coreografiche degli artisti.

Siamo alle battute iniziali: quattro personaggi indossano uno speciale paio di occhiali che li farà entrare nel mondo virtuale di Oasis. A loro si aggiungono altri danzatori, mimi, acrobati, entrando ed uscendo dalle porte girevoli, su un sottofondo musicale drammatico. Ed infine ecco Anorak, impersonato dall’attore italiano Riccardo Forte, di solide basi teatrali, formato alla Bottega di Vittorio Gassman e già protagonista della Melevisione: sarà il gran maestro di cerimonie dello spettacolo.

La regia è assolutamente geniale: l’ingresso degli artisti si confonde con la coreografia acrobatica e Evgenyi Kravchenko con la sua ruota Cyr sembra materializzarsi dal nulla.  Forza ed eleganza sono l’espressione della sua esibizione, pulita e perfetta, che ricorda l’uomo vitruviano.
L’azione continua, senza soste, con l’incontro tra Evgenyi e Oksana Zakharchuk, mentre dalla grande ruota cyr nasce un cerchio più piccolo. Oksana lo afferra e viene sollevata in aria per una serie di spericolate evoluzioni al cerchio aereo. Nel frattempo, le coreografie a terra proseguono su un insolito attrezzo sormontato da un cerchio orizzontale rotante che consente a Igor Hurkovsky di eseguire verticali in rotazione.

Non ci sono inservienti, attrezzisti o macchinisti: sono gli artisti stessi che provvedono, trasformando la preparazione delle attrezzature in coreografie. Così come quando, sulle note di “Maniac” di Michael Sembello (dalla colonna sonora di Flashdance) viene attrezzato il palco per la travolgente performance degli Skating Jasters. Susan Sterza, una delle poche italiane del cast, esponente delle omonima celebre dinastia circense, un passato all’Accademia d’Arte Circense di Verona, insieme al brasiliano Dimerson Baeta, un glorioso trascorso da trapezista volante, presentano un indimenticabile numero di pattinaggio acrobatico con passaggi ad alto contenuto di adrenalina. Una nota: con il loro numero gli Skating Jasters sono stati per anni protagonisti al Cirque du Soleil “Totem”.

Dopo una attrazione cosi travolgente, si riprende fiato con Pavel Bachurin e Pavlo Kapkan, danzatori classici in calzamaglia nel più puro stile Bolshoj. Lo stile impeccabile dura solo pochi secondi perché ben presto i due rivelano il lato comico della loro performance. Ottimi attori e mimi straordinari, con un ulteriore repentino cambio di costume “a vista” si trasformano in porteur e agile di uno strepitoso mano a mano, con sollevamenti, plance e figure da manuale, dove le parola d’ordine sono forza e affiatamento.

Alexandr Novac, con i suoi capelli blu, finora è entrato nello show in diverse occasioni per coreografare ed impreziosire le performance dei colleghi con le sue incredibili verticali in equilibrio solo sulla testa. Stavolta sarà protagonista di un meraviglioso quadro di verticali sincronizzate su diversi livelli: lui a terra (la sua specialità), Daria Lind, dietro di lui su una pedana a due canne. Dietro di loro, su altre due canne, ma ad oltre due metri di altezza c’è Igor Hurkovsky, elegante, preciso e potente, che sbalordisce per le sue salute di difficoltà estrema.

La bellezza di questa regia è che non ha un solo momento di stacco, tutto è concatenato, gli artisti si avvicendano come in un film dal montaggio forsennato. Ogni movimento, ogni espressione, anche ogni minimo battito di palpebra è perfettamente studiato ed ha una sua collocazione precisa. Un sapiente gioco di luci cambia continuamente colori, ombre e proporzioni: uno spettacolo nello spettacolo.
Dalla porta centrale superiore esce Giulia Piolanti, la signora in viola, italianissima, un invidiabile curriculum che descrive una carriera  trascorsa in diversi spettacoli del Cirque du Soleil (Zed, Toruk, Luzia tra gli altri). Le sue evoluzioni al palo, le figure e le contorsioni sono strabilianti, tanto da farla sembrare dotata di arti prensili.

Entrano lentamente in scena Dmytro Kulyk e Oleg Sych, guardandosi con piglio di sfida: sono specialisti di palo aereo, una delle discipline di più recente introduzione, che alle abilità acrobatiche richieste da pertica e palo unisce la difficoltà dell’attrezzo appeso e quindi in oscillazione. Salite e prese impossibili, discese a testa in giù e stop al limite dell’incredibile: la freddezza e la precisione di due autentici fuoriclasse.

Forse più unica che rara è la giocoleria che Vitalii Yarchuk presenta con i palloni da basket, i cui pesi e dimensioni rendono sicuramente molto più complicato  lanciare e riprendere gli oggetti, che non possono essere afferrati come le normali clave, palline o cerchi della giocoleria tradizionale. Quando poi i palloni da tre diventano quattro e poi cinque… chapeau!

Ancora un intervento coreografico corale con un grande cubo di metallo che passa di mano in mano sulle teste di tutti: l’ultimo ad afferrarlo è Bohdan Tokarskyi che propone un originale numero di giocoleria ed equilibrismo con il grande cubo. Anche nei cosiddetti “numeri in singolo” gli artisti non sono mai soli in scena; è con spettacoli come questo genere che si comprende davvero il significato della parola “regia”. L’esperienza del Cirque du Soleil è senz’altro evidente.

Ritorna il vecchio incappucciato Anorak che confessa di avere sempre avuto un sogno: quello di suonare la chitarra. Il sogno si realizza e Riccardo Forte (Anorak) si rivela anche ottimo chitarrista, con un assolo che, complici l’atmosfera onirica e il gioco di luci, rimanda la memoria ai Pink Floyd.

Yulia Melnyk, costume rosso, capelli rossi,  entra accompagnata da Alexandr Novac per poi salire sui tessuti aerei… ovviamente rossi. Lui da terra continua a seguirla estasiato. Un numero di rara eleganza ancora più valorizzato dalla canzone di grande atmosfera cantata dal vivo da Karina Kravchenko, in puro stile Cirque du Soleil.

Oltre ai costumi e al trucco, anche la scelta delle musiche dello show è particolarmente felice, come lo è colonna sonora al pianoforte che accompagna lo strepitoso duo di cinghie aeree formato da Roman Yastrzemski e Daria Lind. Costumi bianchi per entrambi, il loro numero è pura poesia, in cui la forza e l’eleganza di Roman si amalgamano con la raffinatezza e la leggiadria di Daria, in una serie di figure e passaggi di una bellezza unica. E’ un altro pianeta.

Il finale è tutto per Anatolyi Zalevskyi, direttore artistico, ma soprattutto maestro della maggior parte di questi incredibili ragazzi russi ed ucraini, che sta istruendo, trasmettendo loro la sua esperienza. E i risultati sono sotto i nostri occhi. Sono tutti artisti completi ed estremamente versatili: ognuno di loro è attore, mimo, danzatore oltre ad acrobata straordinario. In coda allo show, Anatolyi presenta il suo numero vincitore del Festival di Montecarlo 1999 (anche la colonna sonora è quella originale al pianoforte), con cui ha rivoluzionato il verticalismo, creando quello che ormai viene definito “lo stile Zalevskyi”. Diversi allievi, seduti vicino alla pedana di Anatolyi, osservano pieni di ammirazione il Maestro che si esibisce, mentre lui stesso dispensa loro sorrisi e sguardi di compiacimento. Una sorta di ideale passaggio di consegne, tutto molto “umano”, emozionante.

Applausi scroscianti per tutta la compagnia schierata sul palco e che poi scende in mezzo al pubblico per ringraziare da vicino (in realtà saremmo noi a dover ringraziare loro…).

Ma le sorprese non sono finite: mentre la troupe sparisce alle nostre spalle, sul palco ci sono cinque artisti che hanno preso parte alle coreografie di tutto lo spettacolo senza avere un momento tutto loro. Sono gli Adrenaline Troupe che chiuderanno lo show con una serie pirotecnica di volteggi e salti mortali ai trampolini elastici sulle note di “Jump” dei Van Halen.

Alla fine, pubblico in autentico delirio, standing ovation per tutto il cast allineato al gran completo con Anatolyi Zalevskyi al centro.

Uno spettacolo strepitoso, visionario, da vedere, rivedere e rivedere ancora. Chi può, non se lo faccia scappare; chi non può, faccia l'impossibile.

Se questo è il circo del futuro… benvenuto, futuro!

Filippo Allegri