Moltissimo è stato scritto, e in molte lingue del mondo, su Kurios – Cabinet of Curiosities, celeberrimo spettacolo del Cirque du Soleil debuttato a Montreal nel 2014. La cronaca lo consacra come l’evento circense dell’anno in Italia e non poteva essere altrimenti, vista l’estrema qualità artistica e l’indiscutibile successo di pubblico.

Spesso nelle recensioni degli spettacoli circensi si parla di sogno, quasi immancabilmente a sproposito, come se il circo fosse un’arte onirica o surrealista. Non è quasi mai così: si tratta solitamente di un semplice e vuoto espediente retorico per lodare qualche consueto effetto scenico.

Creare delle vere sensazioni oniriche, soprattutto se prolungate, oltre che difficile sarebbe sconveniente. Nei sogni abbiamo una sorta di “belle indifférence”: possono succedere le cose più incredibili, ma le nostre reazioni emotive sono spesso attutite o alterate, quasi fossimo preparati ad accettare l’impossibile o ne facessimo parte. Non così nella realtà: se vedessimo accadere ciò che viviamo nei sogni resteremmo soggiogati, impietriti dall’incredulità, annientati dal terrore o dall’angoscia di veder distrutte davanti ai nostri occhi le leggi del mondo.

In Kurios, forse per la prima volta, ho davvero ravvisato delle atmosfere da sogno, perché applica all’arte circense alcune caratteristiche proprie del mondo onirico. Così vediamo ribaltamenti a specchio della realtà, fusioni inaudite, sovrapposizioni tra esseri viventi e oggetti, tra una parte e il tutto.

Un uomo può essere una fisarmonica vivente, un altro avere una pancia eclatante che racchiude il varco per altri mondi; una mano può essere prima un enorme e immobile oggetto di scena, su cui si esibiscono delle contorsioniste, sinuose piovre danzanti sulla mano di un gigante di pietra, poi diventare un minuscolo essere vivente saltellante e senziente, un impossibile uomo-mano, simile alla “Mano” monca e vivente della famiglia Addams, ma senza connotati cupi e spaventosi.

In generale i sogni di Kurios sono dei bei sogni. Si può prendere il volo con una bicicletta, o viaggiare con una leonardesca e improbabile macchina volante a elica e attraversare le nebbie del tempo, farsi permeare da un’atmosfera onirica a tratti inquietante, ma fondamentalmente benevola, spesso entusiasmante.

Ma chi è il sognatore? Per certi versi i sognatori siamo noi, che attraverso i nostri occhi ammaliati di spettatori osserviamo questi sogni prendere forma nella mente, stranamente sveglia. Tuttavia, sono anche i sogni di un personaggio di scena, il Cercatore, un vecchio scienziato canuto, reduce di un’epoca remota, dove gli uomini portavano il cappello a cilindro e la locomotiva sbuffava il suono del progresso.

L’intera narrazione di Kurios può essere interpretata come un suo breve sogno, un viaggio fantastico nelle regioni ignote del suo inconscio. Ma si tratta anche di un sogno che appartiene all’umanità intera, che nasce nell’Ottocento e vive ancora nel presente: quello impossibile e meraviglioso di risolvere i nostri problemi fondamentali tramite le scoperte della scienza e della tecnica, eliminando tutte le difficoltà dell’esistenza con i prodigi della tecnologia.

Kurios in definitiva è un raro esempio di surrealismo circense, ma è anche qualcosa di più: la rappresentazione artistica del più grande sogno contemporaneo dell’umanità.