Si sono conclusi con la proclamazione dei vincitori gli show di selezione del Festival di Monte-Carlo che torna dopo 2 anni di stop e taglia il traguardo della 45ª edizione.

Come promesso, ecco un’ampia sintesi e alcune riflessioni su ciò che ho potuto vedere sotto lo chapiteau di Fontvieille.

È necessaria un’introduzione alla lettura del seguente articolo: quello che potete vedere al Festival di Monte-Carlo è una selezione dei più importanti artisti circensi al mondo e ci vuole una gran faccia tosta per avanzare delle critiche… bene, dato che quella non mi manca, ecco le mie impressioni e non me ne vogliano i nostalgici.

A Montecarlo ti aspetti che tutto sia perfetto, che tutto fili liscio, che il tempo voli, che i numeri siano impeccabili e così è stato fino a qualche anno fa (seguo il Festival da 9 anni e le prime edizioni che ricordo erano davvero un inno alla grande tecnica circense).

Il circo però, come tutte le arti, muta, si evolve e cambia. Lo hanno capito Knie e Roncalli, ma anche Festival come il Salieri Circus Award. Se fino ad alcuni anni fa ci si accontentava del gesto tecnico e costumi, luci e musiche erano trascurabili o di secondaria importanza, ora non è più così o, quantomeno, a me non bastano più. Nel grande circo tutti gli elementi sono importanti, uno su tutti la presenza di una regia artistica che deve far in modo che lo spettacolo fili liscio e scivoli veloce… “ritmo, ritmo” direbbe il Maestro Canello, e davvero al termine dello show A (che è durato 5 ore) ho quasi invocato la presenza del mitico personaggio di fantozziana memoria per portare l’orologio avanti di un’ora.

Se confezioni uno show (spettacolo A di selezione) che dura 5 ore e uno show B che ne dura 4 devi fare in modo che tutto scorra. Non è stato così a partire dalla musica, con l’orchestra non sempre sul pezzo, con musiche che terminavano prima che il numero finisse o con effetto “play – stop” senza che la musica sfumasse. Tantissimi tempi morti, attimi di buio lunghi, cambi pista lunghi e poca poesia, poca coreografia. Anche la troupe Bingo ha fatto effetto “minestra riscaldata” con coreografie base e poco ispirate.

Ammettiamo pure che la scelta artistica sia quella di puntare solo sulla tecnica e non curarsi di altro. Bene, ma allora la tecnica deve essere perfetta ed invece ho visto molte imprecisioni e parecchi errori. Sembrava tutto improntato al raggiungimento di un nuovo Guinnes dei primati, a fare il quadruplo salto (che purtroppo non sempre viene e comporta più ripetizioni e tempi molto lunghi), al mono ciclo più alto del mondo, etc… Ovviamente se si punta a superare un record si spingono gli esercizi all’estremo e gli errori aumentano. È questo che deve fare il circo? Superare il record precedente a scapito di tutto (fluidità, poesia, armonia)? No, per me assolutamente no.

Io credo ci sia un altro ed un nuovo modo di concepire e di fare circo dove tutti gli elementi devono concorrere a stupire, ammaliare ed emozionare. Questo mi è mancato: le forti emozioni che un festival come questo dovrebbe regalarti!

Tutto da buttare quindi? No, sarebbe poco serio non sottolineare alcune eccellenze scese in pista. Meritatissimi i Clown d’Oro (sia per la competizione standard a Renè Casselly jr. che per la categoria New Generation in cui la giovane artista Amélii Bilyk ha presentato uno dei migliori fili molli che io abbia mai visto). Tantissimi artisti italiani tra cui le meravigliose cinghie aeree di Kimberly Zavatta, la cavalleria di Giona magistralmente coreografata da Antonio Giarola, la gabbia di Bruno Togni (davvero bella, elegante ed innovativa – fatta eccezione per il finale con le sfere riflettenti un po’ demodé stile disco anni 90 ma al pubblico sembra piacere quindi bene così). Tensione e precisione nel numero di lancio di coltelli e balestra ‘Deadly games’, numero che mi ha fatto apprezzare davvero questa disciplina che fino ad oggi avevo sempre trovato noiosetta, gusto personale.

La mancanza delle troupe russe e cinesi hanno sicuramente pesato sulla costruzione dello spettacolo. Ma perché non volgere lo sguardo altrove come Stati Uniti, Etiopia ed Africa, Marocco?

Credo sia il momento di introdurre aria nuova e un po’ di freschezza in quella che deve essere ed è la più importante vetrina di circo al mondo perchè il circo è molto più di ciò che ho visto quest’anno. Voto 7. Sufficienza piena ma niente di più, niente di meno.