Cuneo, Giardini Lalla Romano, ore 23:10. A Mirabilia c’è CirkVOST, la famosa compagnia francese di circo contemporaneo. Ha piovuto da poco, ma alcune stelle sono comparse nel cielo nero, e pare lo spettacolo si farà, anche se con leggero ritardo. È tardi, tira un vento freddo e il pubblico attende in una fila silenziosa.

Poi, dall’arena luminosa, compaiono tre individui a torso nudo, dai muscoli possenti, scolpiti, e il volto truce, che scandiscono i passi battendo a terra dei lunghi randelli di legno.

Giunti alla fila, ognuna delle inquietanti apparizioni indica alcuni spettatori e li invita a seguirli. Sono tra i primi. Seguo il gigante dal pesante bastone, e vengo separato da mia moglie, che mi ha accompagnato. Mi viene indicato, un po’ a gesti, un po’ con parole di una lingua sconosciuta, dove sedere, ad uno dei tre lati della pista, accanto ad alcuni sconosciuti.

Ben presto capisco che stanno separando uomini e donne, dividendo i gruppi di amici venuti allo spettacolo insieme. Quando tutti sono stati fatti accomodare, si sono formate tre diverse zone: una maschile, una femminile, una mista. I volti sulle gradinate sono perplessi e curiosi; se qualcuno è atterrito, cerca di non lasciarlo trasparire.

I tre uomini si riuniscono al centro della pista e nel silenzio della notte iniziano a intonare un canto sacro, ieratici come sacerdoti di un culto sconosciuto.

Lo spettacolo ha inizio.

Descrivere gli avvenimenti a cui ho assistito, a cui ho partecipato, è un’impresa ardua; racconterò ciò che più mi è rimasto impresso, ovvero le vicende umane rappresentate. Perché i numeri di circo a volte non sono più semplici esercizi spettacolari, ma possono assumere significati narrativi.

Quando uno dei tre protagonisti si mette a dormire, sospeso in aria, legato ai cappi di tre diverse corde, gli altri due, dopo essersi assicurati che sia davvero inerme e del tutto incosciente, lo utilizzano come un’altalena, come fosse un trapezio umano. Lo lanciano da un lato all’altro, facendolo volteggiare sopra il pubblico, ci salgono sopra… non è più un uomo, è un attrezzo ginnico con cui divertirsi. Emerge il tema della violazione del corpo altrui, del suo utilizzo per divertimento. Ma l’uomo a poco a poco si sveglia, prende consapevolezza, e con terrore si trova lanciato contro un palo, che gli viene fatto schivare per un pelo. Quando, distrutto, viene liberato dalle corde, chi l’ha utilizzato senza alcun riguardo pretende che continui a giacere immobile, come fosse morto, come fosse un oggetto inerte. Urla per cercare di costringerlo, prova a corromperlo con delle monete. Quando non basta, le monete estratte da un sacco diventano troppe, e vengono scagliate violentemente sulla pista, mentre l’uomo a terra cerca di ripararsi, quasi si volesse lapidarlo con il denaro.

Da qui nasce il conflitto. Qui iniziano sotterfugi, alleanze, lotte, amori – sì, anche amori, perché thanatos e eros sono inscindibili negli esseri umani -, traumi insanabili. I rapporti si complicano. È la rappresentazione dell’uomo maschio, della sua volontà di potere, delle sue contraddizioni interiori.

In quei gesti circensi si possono leggere moltissimi significati, sociali ed esistenziali. Non necessariamente occorre capire, ammesso si possa.

Quando tutto finisce, i tre vanno ai tre lati della pista. Uno di loro mi si para davanti e mi porge dei trucchi; poi indossa il naso rosso e chiude gli occhi, in ginocchio, in attesa.

Interdetto, mi rivolgo con lo sguardo a un mio sconosciuto vicino, invitandolo silenziosamente a iniziare il trucco. Costui immerge il dito nel rosso e comincia a dipingere il volto del clown. Allora anch’io immergo un dito nel nero e, senza pensare, senza sapere perché, traccio un tratto nero sopra un sopracciglio. Solo dopo capirò di aver inconsciamente riprodotto il trucco di uno dei miei clown preferiti, un clown che non ho mai visto ma solo immaginato, morto all’inizio del Novecento: Umberto “Antonet” Guillaume, un grande clown bianco che lavorò per tutta la vita in Francia.

Cosa significa? Che siamo noi, il pubblico, a dare il senso ultimo allo spettacolo. Siamo noi a dipingere i volti degli artisti.

Credo sia stata un’esperienza unica, irripetibile, forse lo spettacolo di circo più toccante e intenso che abbia mai visto, e ne ho visti moltissimi, in tutta Europa, classici e contemporanei. Un ringraziamento personale agli artisti di CirkVOST, che hanno dimostrato un grande coraggio, di valore umano e civile, rappresentando la nostra natura di uomini nelle sue tremende e insanabili contraddizioni.