Era il 1768 quando il giovane ussaro Philip Astley, su una pista circolare allestita a Londra vicino al ponte di Westminster, presentava uno spettacolo equestre, il primo spettacolo di circo moderno. E così nel 2018 si celebrano in tutto il mondo i 250 anni di spettacoli circensi.

Da ragazzino pur di realizzare il suo sogno di diventare un cavallerizzo si arruolò nel regio esercito, servì al fronte nella Guerra dei Sette anni e raggiunse pure il grado di sergente maggiore. Poi, tornato a Londra, decise di mettere a frutto le sue doti equestri per allestire uno spettacolo da far restare tutti a bocca spalancata. «Il suo grande intuito» dice Alessandro Serena «è di aver riunito, con numeri in sequenza, tre grandi specialità dello spettacolo dal vivo: virtuosismo equestre, acrobazia e comicità». Discipline vecchie come il mondo. «Gli animali sono addomesticati in tutte le culture primitive del pianeta; la giocoleria, nella forma più semplice dei numeri con le palline lanciate in aria, è testimoniata addirittura nelle pitture della tomba egizia di Beni Hasan, di quattromila anni fa. Il clown, poi, è figlio diretto del giullare, presente fin dai tempi più remoti in ogni cultura. Prima di Astley, però, queste tre forme d’arte non avevano mai trovato un palcoscenico comune».

Il successo fu immediato e Astley decise che per quegli spettacoli doveva creare una struttura apposita, l’Anfiteatro di Lambeth Road, appunto, dove la mattina si tenevano lezioni con i cavalli e il pomeriggio partiva lo spettacolo. Il sergente Astley per migliorare i numeri studiò anche una nuova forma di pista: da quella ellittica degli inizi passò a una tonda di 13 metri di diametro, che divenne uno standard mondiale, «perché gli acrobati in piedi sui cavalli sono più stabili se gli animali corrono in cerchio».

Con la fortuna commerciale iniziano però le faide, che costelleranno la storia del circo da lì in avanti. Charles Hughes, un allievo di Astley, e l’autore di pantomime Charles Dibdin, decisero di sbattere la porta dell’Amphitheatre e nel 1782, sempre vicino a Westminster Bridge, aprirono il Royal Circus. «Nacque allora la parola circo, mutuata dagli spettacoli dell’antica Roma» ma il classico tendone era ancora lontano da venire. «Fu un’innovazione americana. Per più di un secolo in Europa il circo veniva rappresentato in edifici costruiti ad hoc. Ce ne sono di bellissimi in tutta Europa. A San Pietroburgo, per esempio, c’è ancora il Ciniselli Circus inaugurato nel 1877 – e nazionalizzato dopo il 1917 – fatto costruire dal milanese Gaetano Ciniselli che si era trasferito in Russia».

 

L’Italia fin da subito ne è stata una delle patrie, con artisti richiesti in tutto il mondo. «Antonio Franconi, alla fine del Settecento, lo diffuse in Europa. Nell’Ottocento ci fu Alessandro Guerra e la famiglia Chiarini, che si spinse fino in Australia e in Giappone, e all’epoca ci volevano mesi di navigazione per raggiungere quelle terre. Un’eccellenza che conserviamo ancora oggi: il domatore Flavio Togni è l’artista più premiato al Festival Internazionale di Monte Carlo, l’Oscar del circo, e il veronese David Larible è tra i più grandi clown del mondo».