L’opinione di Enrico Muttoni

Ad Alghero è tornato il circo, preceduto, accompagnato e seguito dalle rimostranze di coloro che in queste occasioni protestano per il trattamento restrittivo e vessatorio riservato agli animali. La restrizione dei quali in spazi limitati urta e appanna il buonismo di cui è piena (troppo) la nostra epoca. Buonismo, in questo caso animalismo, che capirei se fosse riservato a tutto il regno animale: ed invece maschera ancora una volta la peggiore delle discriminazioni. Quella che vuole liberi, sani, e prosperi solo gli individui che ci stanno simpatici, sono belli, e che ci fanno compagnia. Infatti, se siamo disposti a batterci per i mammiferi del circo: elefanti, felini, cammelli, foche e così via, il nostro fervore scema man mano che si scende nella scala sociale degli animali (creata da noi, beninteso): chi guarderebbe con simpatia quello svelto ed intelligente mammifero che risponde al nome di Ratto delle Chiaviche? Dunque, amore, protezione e tutela per gli animali del circo: e per gli altri? 

Ci sono gli animali lavoratori. Che devono lavorare e tacere, come i cani molecolari, i bovini suini ovini tutti, o i delfini. Le attenzioni dell’opinione pubblica, per loro sono ridotte; forse perché ai lavoratori umani è riservato lo stesso trattamento. Poi ci sono gli schiavi: i pesci nell’acquario e gli uccelli in gabbia, che rispettiamo e nutriamo, ma guai a dargli la libertà. Il nostro senso del bello e la nostra solitudine valgono bene la costrizione di quelle povere bestie. Infine, nella nostra contorta psicologia, non ci accorgiamo degli eccessi: da quelli d’amore riservati al nostro gatto, a quelli di cupidigia riservati alle ostriche perlifere e ai bachi da seta, a quelli più repressi ed inconfessabili che liberiamo ogni volta che infilziamo un’anguilla sullo spiedo, bolliamo un’aragosta o premiamo il dito sull’erogatore dell’insetticida: a morte, a morte! 

Quindi la Natura, nella sua meravigliosa varietà, ci mette di fronte uno degli aspetti peggiori del nostro essere: il razzismo. Perché lo stesso furore discriminatorio che applichiamo agli animali, ai quali pretendiamo di affibbiare aggettivi umani (squalo assassino, volpe ladra, serpente infido, …) lo applichiamo ai nostri simili. Verso i quali rivolgiamo i nostri sentimenti ( di solito accuratamente celati) con gli stessi processi mentali riservati agli animali. C’è da riflettere. E riflettendo, non c’è che una conclusione. Non sappiamo perché al mondo il Creatore abbia trovato il posto per tante specie: sappiamo solo che tocca agli umani studiare le altre, e non viceversa. Lo studio deve portare al rispetto, e questo ad un trattamento degli animali che non li faccia patire, senza motivo. Lo spettacolo del circo deve vivere, per quello che insegna sugli uomini, sugli animali e sui loro rapporti. Lasciando però una domanda senza risposta: chi sarà stato il genio che ha capito che una foca può tenere una palla sul naso?

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