Ho realizzato uno dei sogni di ogni appassionato di circo: vedere lo spettacolo del Ringling & Barnum!
Domenica 2 marzo al Barcklay Center di New York. Giusto il tempo di arrivare nella grande Mela, posare i bagagli in albergo e cercare il grande palasport io e la mia ‘complice’ aiutati dalla mappa del sito e da una cartina della città. Di pubblicità davvero poca, appena limitata alla linea metropolitana che passa dalla location, tra stazioni e carrozze. Appena arriviamo, all’esterno nessun richiamo, ma un capannello di una dozzina di animalisti ci conferma che il circo è la!
Mi accorgo che nessuno ha biglietti promozionali in mano anche se il prezzo minimo per adulto sia circa 25 euro. Appena varcato l’ingresso, nonostante manchi il tendone, si respira immediatamente l’aria di circo. Si apre un corridoio di moquette con un carosello di bancarelle di merchandising a marchio Ringling Bros and Barnum & Bailey e carrettini di hot dog e pop corn.

Un ragazzo gentilmente ci accompagna ai posti, seppur siano numerati.
Mi colpisce immediatamente un impianto luce che copre l’intera area 
del parterre; il forum è davvero grande, ma alcuni settori vanno gremendosi, ogni famiglia ha almeno un gadget luminoso.

A scaldare l’ambiente entra un manipolo di clown, dopo pochi minuti il ringmaster concede la scena ad un elefante cavalcato da una ragazza che impugna una bandiera americana accompagnata dall’inno nazionale. E’ il preludio allo show.

Entra la parata che rende celebre il complesso: elefanti, pony, i vari artisti con un saggio delle loro specialità, il nano Paulo Dos Santos che vola sulla scena spargendo scintille e due mega carri rispettivamente con l’annunciatore e con Alexandre Lacey. Le tre piste sono colme di colori, la megalomania circense è elevata a potenza dalla megalomania dello spirito Usa, il nome della produzione è ‘Legends’. Lo spettacolo è avvincente, a ritmo elevatissimo.

Spiccano gli otto motociclisti Torres contemporaneamente nel globo e la gabbia mista di Lacey, annunciato su maxi schermi. Bravissime le ragazze del Nazionale di Pechino alle evoluzioni ciclistiche e al diabolo di gruppo. L’unica ripresa comica (in tutto lo spettacolo), vede il nano Paulo alternarsi con altri due toni in cascate col bugging jumping da una mongolfiera impazzita. 
Arriva una nuova parata. Mi sfiora l’idea che lo spettacolo sia finito (penso: breve ma intenso!), ma è solo la chiusura della prima parte.
La stanchezza del viaggio mi sfianca e il secondo tempo, senza forzature retoriche, ha i tratti del sogno: le immagini si confondono. 
Ricordo gli animali della fattoria, il canguro, un motociclista che gira a 360 gradi su un cavo con due ragazze sulle spalle,i volanti al trapezio doppio e una lunga parentesi equestre tra jokey e piramidi mai visti tanti in un sola volta. Passerella per un pachiderma camuffato da mammut e per finire un unicorno nero e un cavallo alato bianco, come da locandina.
A chiudere, ovviamente, una nuova ultima parata. Con gli occhi quasi chiusi, con mia moglie fuggiamo dal palasport, rituffandoci nel gelo della notte della City. Un ultimo estenuante viaggio ci attende, quello in metro per il ritorno in albergo. E intanto, nella mia mente 
Johnathan Lee Iverson continua a cantare ‘we are the legends’.

A cura di Marco Mannino