Dopo la sosta ad Alife la tournée del circo Orfei prosegue verso l’Adriatico. Uomini e animali: una grande famiglia dove conta il rispetto e il dialogo

 

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La carovana ha ripreso il viaggio. Si punta un po’ più a Nord, poco distante da Alife, dove ha sostato per una settimana circa. Poi si andrà verso il sole adriatico dove la primavera concilierà – si spera – un pubblico più numeroso. Il gruppo, o per meglio dire, la famiglia Coda Prim gestisce il Circo Rolando Orfei: legami parentali tengono unite molte famiglie al nome della signora del circo Italiano (e non solo) Moira Orfei. Come spesso avviene, ancora una volta un circo ha visitato questa terra. Alife è uno dei centri privilegiati di tutta l’area dove è facile confluire per quanti scelgono di partecipare alla festa messa in scena sulla tonda pista da clown, acrobati e animali.
Iller Coda Prim è il nipote di Piergiovanni, padre di questa meravigliosa carovana. Il giovane ha un filo di trucco intorno agli occhi, un po’ di colore sulle guance, abito e papillon: è lui il direttore dello spettacolo, figlio di circensi, nipote e pronipote di circensi. Piergiovanni, a differenza di lui più giovane, è nato in una roulotte: “a 7 anni facevo il pagliaccetto in pista; a 14 ho iniziato con il trapezio e così fino a 42 anni”. E’ stato stalliere, domatore, autista, meccanico. Sì, perché nella grande famiglia del circo anche chi è il “capo” non si sottrae né ai riflettori dello spettacolo, né al rischio della zampata violenta di una tigre “dietro le quinte”.
Com’è cambiata la vita del circo? “E’ cambiato tutto – racconta Piergiovanni. La crisi ha toccato anche noi. La nostra realtà, che solo in Italia conta più di 300 circhi, riceve sempre meno fondi e aiuti dallo Stato, mentre il pubblico chiede biglietti a costi sempre più bassi. Intanto ci sono gli operai, gli artisti, gli animali, la manutenzione ai mezzi: tutto un sistema da tenere in piedi”.
Ma allora cosa spinge a non mollare, a lasciare tutto? Cosa lega un uomo o una donna all’arte vagabonda, felice e triste di ogni circo? Piergiovanni porta la mano sul petto: “Quando il circo ce l’hai nel cuore non lo lasci più e ad un certo punto l’unica cosa che conta per stare bene è un piatto da condividere con tutta la famiglia sotto il grande tendone. E ci basta”. La compagnia Coda Prim raccoglie circa cinquanta tra artisti, operai, figli, mogli, meccanici. Sessanta animali: dai rettili ai cavalli, dai cammelli ai canguri, agli elefanti, alle tigri e una giovane leontigre. Qui si vive di poco, dell’essenziale: l’unica ambizione, costante e inarrestabile, è garantire divertimento al pubblico, un momento magico di fantasia ed emozione. Lontani da ogni paura di “contaminazione” qui si vive tutti insieme: “La nostra carovana raccoglie indiani, rumeni, brasiliani, spagnoli. italiani, bulgari – spiega Iller – senza la paura di chi è straniero, perché stranieri lo siamo un po’ tutti”. Ancora troppi pregiudizi per queste misteriose carovane che attraversano il mondo, gran mix di culture e tradizioni dove la disciplina, la convivenza e il rispetto sono la p regola fondamentale: “Da qui le mele marce vanno via! Il tono di Piergiovanni si fa severo. E ricorda, che il circo è uno dei pochi posti in cui la droga non è ancora entrata. Noi siamo puliti. Mai sentito che da una di queste (e altre) roulotte si sia mosso qualcuno per andare a rubare. Mai! ”. L’organizzazione “patriarcale” di ogni circo garantisce il controllo diretto del più anziano su tutto ciò che accade e la fortuna di essere migranti fa sì di non sentirsi mai “padroni” del proprio lavoro: “chi non rispetta le regole va via. A noi interessa essere puliti e lavorare onestamente”. Un concetto di mobilità che si tramuta anche nella considerazione del proprio lavoro: “Gli artisti che sono con noi – spiega Iller –hanno contratti che durano da un minimo di sei mesi ad un massimo di tre anni, e poi via, in cerca di un altro tendone”. Una precarietà che non è un problema ma il presupposto essenziale, la regola del circo per far carriera e girare il mondo.

Iller Coda Prim La famiglia Coda Prim porta in tutta Europa lo spettacolo e la garanzia del Circo Orfei: Francia e Germania sono i paesi che rispondono meglio in fatto di presenze; poi l’est europeo e la Turchia,  Grecia, Macedonia, Croazia sono i paesi che colgono la novità degli eventi.

Pubblico e applausi sono la più grande soddisfazione, mentre il sacrificio sta tutto nella difficoltà di relazioni stabili con un luogo e con la gente di quel luogo. I bambini e i giovani del circo studiano in giro per il mondo, forse con il vantaggio di abbracciare con il cuore culture e tradizioni che rimangono impresse per sempre: “I miei figli – spiega Piergiovanni –sono cresciuti in Turchia durante una tournée durata quindici anni. E’ lì, presso le sedi diplomatiche italiane che hanno studiato e preso i sacramenti, fatto la prima comunione e la cresima”.
E gli animali di un circo? Oggi le polemiche sulla tutela dei diritti degli animali è spesso oggetto di aspre discussioni… “Il circo è un’arte. Gli animali fanno parte della nostra famiglia e ci carichiamo della loro spesa anche quando non sono impiegati negli spettacoli, come per alcuni dei capi che fanno parte della nostra carovana. Li teniamo con noi garantendo i pasti, la pulizia, e gli spazi che la legge impone per il loro movimento. Essendo nati qui, conoscono la nostra vita come noi e ne fanno parte a pieno titolo…”.
Ognuno di essi ha un nome, un ambiente pulito e accudito e un dialogo costante con ciascun membro della carovana: “Le loro voci valgono quanto le nostre”. Simbiosi unica che appartiene solo a chi il circo lo sente scorrere nelle vene.

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