Uscito da poco più di un anno, il film documentario The Circus di Gino Pinetti vanta già una importante bacheca di partecipazioni e riconoscimenti internazionali. Al di là dell'interesse condiviso con il mondo del Circo, si tratta di un prodotto interessante sia per i contenuti che per la realizzazione tecnica. Diciamolo, quando si affronta il tema circo, è facile cadere in stereotipi vuoti e banali. Il lavoro di Pinetti evita la narrazione dello "zingaro felice" contrapposto al mondo grigio delle fabbriche e degli uffici. No, il regista, attraverso l'esperienza dello staff del circo Darix Togni, dà voce ai problemi quotidiani dei circensi,  come non trovare le utenze allacciate in una nuova piazza o il dover coprire le artiste in pista per non urtare le leggi di Paesi del Medio Oriente. In questo quadro, umano e reale, hanno un grande peso le parole di Daniel Togni: "siamo andati ovunque ma siamo sempre noi, non è che il circo va nel mondo ma è il circo che è tutto il nostro mondo".

Una frase che trova riscontro nelle parole dello zio Livio quando affronta il tema del rapporto con chi del circo non è. Elenca delle imprese disperate per spostarsi dall'Iran al Qatar confrontate con le difficoltà di chi al massimo si sposta con un Suv: "lo capisci che è un mondo completamente diverso?"

Sì, decisamente. Parlare di spettacolo comprende pure il Circo, ma il Circo non si limita allo spettacolo. E' molto di più, appunto di completamente diverso. 

L'eredità di Darix è enorme, ma più del nome, dei ricordi, di una tradizione, è il vivere ricordandosi che "non puoi vendere la gioia se non l'hai". E gli occhi di Livio come di Martina, sono occhi di gioia. Gli occhi di un altro Mondo!

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