Il signore dei lampioni, tutti i giorni dell’anno. All’alba e al tramonto. Con un’asta e una ancor più lunga lista di chimere affidategli dalla gente che crede nel potere rigenerante della notte.
Cosa dire di quel 25 dicembre con i piedi ghiacciati e i primi spacchettamenti?
In piazza, accarezzato da una lieve nevicata, notò un insolito caravan di perline verdi con incisa in oro la parola wunderkammer! Sulla porta d’ingresso un invito a portare i bambini alle 15 in punto.
Lui non era padre, era zio. E i nipoti non erano consenzienti, erano cocciuti. Con avidità brandivano i loro regali, dunque nulla li poteva interessare di quel che succedeva fuori i confini dei loro nuovi giocattoli. Così, seppur anziano e senza prole, il lampionaio vi andò comunque, consapevole che spesso l’insolito annacqua la solitudine.
La nebbia del mistero si infittì quando il proprietario dell’attrazione, tale signor Anderson, lo accolse beffardo: “Per entrare non serve nessuna moneta, non sarò io ad arricchirmi quest’oggi”.
Ritratti di uomini lupo, bottoni di Napoleone, Nostra Signora di Parigi in scala, polveri di mummie e altre curiosità, ecco cosa contenevano le infinite teche poste in quella stanza con le ruote.
Quando la “nave di Carlo V” batté diciassette colpi ovvero il tramonto, il lampionaio si agitò e si diresse verso l’uscita ma Anderson lo bloccò, indicandogli l’ultima vetrina, “la più importante”. Fu così che trasalì e indignato accusò “Lei deve essere il Diavolo”! E scostatolo, si diresse ad accendere le fiamme nel cielo.
Quella custodia conteneva una perfetta miniatura di se stesso.
E non la vide mai più, visto che del brulicante museo non trovò traccia, né sulla strada del ritorno né nei racconti della gente che condivideva con lui il quotidiano.
Come da tradizione, a gennaio, non mancò Sant’Antonio Abbandonato, proprio colui che lotta contro l’inverno e deposita bancarelle per la gola monetaria dei passanti. Il lampionaio si fermò davanti a uno scultore, osservò i suoi manufatti e comprò giusto una statuina di legno. La sera la vestì di stoffa nera, il suo colore d’abito.
Poi la guardò e stringendo i denti maledisse Anderson e quello che gli aveva messo in testa.
La gettò in un cassetto.
Riapparì il Natale, invecchiato di un calendario, e il nostro protagonista, di ritorno dal suo consueto giro di spegnimento, vide un poliziotto fuori dall’ingresso di casa. Strattonava con violenza un ragazzetto che manipolava la statuina da lui adornata. Si avvicinò all’alterco e quando il piccolo prigioniero si voltò, terrorizzato, vide che quel bambino era sé medesimo in tenera età.

Racconto di Paolo Negri, illustrazione di Eugenio Broggi
Tratto da “22 Arcani circensi, freaks e simili”, Il Cavedio (2022) 
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