Cari amici, dopo la rubrica «Il mondo del “Circo” nel “Cinema”», fra non meno di una settimana ne partirà un’altra del tutto “culturale”. Ci accorgeremo, nel nostro percorso, come anche gente dello spettacolo circense è capace di far nascere dal cuore quei sentimenti che un vero poeta può trasmettere agli altri. La rubrica sarà intitolata: «Il “Circo” e la “Poesia”». Tratteremo poesie già pubblicate o inedite del nostro amico Giovanni Giannuzzi. Nel corso della “rubrica” scopriremo “insieme” questo personaggio, “amico, poeta, pittore, circense in quiescenza”.

Vogliamo darne un saggio delle sue composizioni con una poesia dal titolo: Sogno di sole, mare e castelli di sabbia. Nel corso della nostra chiacchierata con l’autore, avvenuta in questi giorni, questa composizione è dedicata ai “migranti” che con la loro traversata in mare, verso la libertà o una vita migliore, alcuni vivono il dramma più atroce, quella del naufragio e della morte. Destino volle che, nei giorni della sua composizione, nel nostro mare molti hanno perso la vita e come si possiamo dimenticare quell’immagine impressa nei nostri volti di quel bambino di meno di un anno, morto venerdì scorso, quando il barcone in cui si trovava si è rovesciato. Per non dimenticarci nemmeno di Aylan Kurdi, aveva solo 3 anni, riverso sulla spiaggia. E come questi tanti e tanti bambini.

Giorno 16 giugno, per volontà di Papa Francesco, nel corso del Giubileo Straordinario della Misericordia, tutto popolo viaggiante, tra cui il “Circo” sarà presente in Vaticano. Sarebbe il sogno di Giovanni Giannuzzi poter declamare dinanzi al Santo Padre questa sua poesia, dove, inoltre, sarà lui stesso a donare a Borgoglio un piccolo dono.

Il poeta è un uomo che, pur vivendo nella realtà del suo tempo, tende a superare la realtà concreta, per comunicare un'esperienza perennemente valida: i suoi versi riflettono così sentimenti e interrogativi di sempre. Ecco chi è Giovanni Giannuzzi.

Giuseppe Calarota

 

SOGNO DI SOLE, MARE E CASTELLI DI SABBIA

Il sole scalda una spiaggia, una pietra fa un salto nell’onda

un grande castello di sabbia, sembra da lontano costruito su roccia.

Calmo è il mare, si vede un riflesso di vita,

un gabbiano urla la gioia di vivere giocando

con piccoli pesci pescati e poi lasciati cadere.

Tutto è bello, la spiaggia, il mare, il nostro Paese

che tante famiglie hanno per mesi sognato

è divenuto oggi per molti di loro realtà.

Molto han dovuto versare per poterlo realizzare.

Un bimbo dice: mamma, mi sembra debole la nave

per compiere il viaggio, ci possiamo fidare?

Qualcuno lo sente, con un forte schiaffo

lo mette a tacere, la mamma per farlo calmare

gli dice: vedrai che bello il posto che andiamo

a trovare, lì non c’è guerra, né fame e non dovrai

soffrire per farti ascoltare, su non ci pensare.

Si calma giocando con gli altri bambini.

La nave è colma, così piena che non potrebbe cadere

in terra neppure uno spillo.

Si attende il buio, la notte.

Per non farsi scoprire un tipo grida: “silenzio”.

E così inizia quel viaggio.

È sempre il sole che scalda la spiaggia,

salta ancora la pietra sull’onda,

il grande castello di sabbia è crollato,

colpito da un’onda cattiva, come quei mostri fuggiti,

lasciando al loro destino quelle tante famiglie.

Io non posso sapere che fine abbiano fatto

una mamma e il suo bimbo reali.

In questa poesia, scrivendo con il sole alle spalle

in cima ad uno scoglio, ho visto riflessi nel mare

rosso e calmo della sera, una o due mamme, tante famiglie che

tenevano per mano i bambini che con i loro sogni

colavano giù nel blu più profondo e più scuro.

Non erano certo partiti per far compagnia agli abitanti

del mare, tutti volevano solo trovare un paese,

dove farli abitare, invece, la troppa cattiveria, che in molti

abbiamo nel cuore, su questa bella spiaggia,

li abbiamo lasciati morire,

commentando, versando magari anche qualche lacrima

per una finta emozione, poi uno alla volta, tornano ai loro posti

per potersi scaldare, senza pensare che avrebbero potuto essere loro,

se il destino fosse stato contrario, a sparire in fondo a quel mare,

mentre io sono qui a scrivere e a meditare.

GIBO 2016