Pubblichiamo una recensione di Pietro Messana sullo spettacolo della famiglia Montemagno recante l'insegna Eleonora Orfei. Il complesso agisce a Palermo fino al 25 gennaio.

 

Un elegante chapiteau a quattro antenne, bianco e rosso, interamente dotato di 1.500 poltroncine; un foyer con bar, tavolini, esposizioni pubblicitarie; servizi igienici accessibili e tenuti bene; tir e roulotte nuovi e tirati a lucido. E’ assolutamente positivo il primo impatto per gli spettatori che, a Palermo, si recano al circo Eleonora Orfei della famiglia Montemagno, in via dell’Olimpo.
I titolari della struttura rappresentano la terza generazione di una famiglia siciliana, Montemagno appunto, originaria di Caltagirone, avviatasi alla fine del 1800 nel mondo del circo, con Giacomo che sposò Maria Alfano, altra dinastia isolana di attori di piazza e circensi. Poi parentele con i Torregrossa, i Beninanti, i Franchetti, gli Zavatta., i Sali, i Perris e i Pierantoni.
Nel circo Eleonora Orfei hanno un peso specifico rilevante le capacità del clown David Cavedo mentre gli animali rappresentano una parte preponderante:  e lo spettacolo si apre con la cavalleria di Alfredo Montemagno: cinque stalloni argentini ben guidati dall’addestratore. Poi “massimo e minimo” (cavallo e pony), quindi la chiusura con il debout.
Il numero successivo, che sempre più comincia a vedersi anche in Italia, è molto apprezzato dal pubblico: il “laserman” Moreno Felicioli crea un’atmosfera suggestiva manipolando i suoi raggi di luce verde e accompagnato da un’appropriata colonna sonora.
Si arriva così al primo numero aereo, quello alla rete di Jessica Cabras, che mette in risalto sia le buone capacità dell’artista che lo splendido impianto luci di cui è dotato il circo della famiglia di Daviso Montemagno. Quest’ultimo si districa molto bene nel ruolo, asciutto ma efficace, di presentatore.
Fin dall’inizio dello show, inoltre, cominciano a farsi sentire bravura e simpatia del clown David Cavedo, uno dei migliori in assoluto fra quelli passati in Sicilia, nei vari circhi, negli ultimi anni. Intanto lo spettacolo, dopo la performance di Stefy Felicioli agli hula-hop, presenta uno dei giovani artisti più promettenti del panorama circense. Maverick Piazza, fisico scolpito e forza da vendere, effettua incredibili evoluzioni alle cinghie aeree. Lo scorso anno avevamo visto questo numero, ma il livello del diciottenne continua a crescere.
Il primo tempo si chiude con un’altra entrata del clown e con il numero dei pirati: serpenti di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, anche esagerate, e rarissimi animali quali l’armadillo nano e la “vedova nera”. La chiusura è da brividi: Jessica ricoperta da serpenti, in una bara di vetro.
La seconda parte dello show, ad eccezione di alcuni momenti magistralmente interpretati da David Cavedo e del bel numero di Debora Marino ai tessuti, è dedicata agli animali.
Si comincia con la gabbia di Massimo Piazza: sei belve (leone bianco, tigre del Bengala, leone berbero e altri tre leoni) rese docili dall’addestratore capace di ottenere le “risposte” volute senza faticare più di tanto. Con una di esse Piazza può anche permettersi il lusso di tirare la coda, distendersi addosso, porsi in un vicinissimo “faccia a faccia”.
Spazio quindi all’esotico con molte razze presentate in pista: struzzi, lama, alpaca, zebù, watussi, capre tibetane, yak ed anche un asinello sardo. Subito dopo, in pista, arriva l’esilarante sfida lanciata al pubblico: un mega premio in denaro a ci riesce a cavalcare un cavallo, in ginocchio e all’impiedi. Bisogna però fare  conti con l’animale e con qualche altro scherzoso inconveniente.
In chiusura il “piatto forte” dell’intero spettacolo: gli elefanti africani di David Althoff, numero arrivato al circo Eleonora Orfei direttamente dalla Danimarca. In Italia, tre pachidermi in pista e molto dinamici, rappresentano quasi un’esclusiva. L’andatura è molto veloce con cambi di senso repentini e zig zag fra gli sgabelli. Poi, ad ogni stop ordinato da Althof, elefanti immobili e con una zampa alzata. Quindi i giri su due zampe sugli sgabelli per poi sedersi sugli stessi. Ma non finisce qui perché l’addestratore riesce anche a far sedere a terra, con naturalezza, i suoi tre pachidermi per poi concludere il numero con la passeggiata l’uno sule spalle dell’altro e con l’inchino al pubblico. Un gran numero, niente da dire.