A seguito dell’incidente avvenuto al Circo Greca Orfei a Terlizzi, che ha visto la spaventosa caduta di una giovane artista da 4 metri d’altezza, ora ricoverata in ospedale, sento il dovere di riproporre alcune riflessioni.

Fatti come questo ogni volta ci sconvolgono, ma continuano ad accadere

Tutti noi nella nostra vita sperimentiamo, in qualche misura, cosa sia il rischio.

E il circo?

Il circo conosce molto bene il rischio. Da sempre ci gioca: questa sfida, propria di alcune discipline circensi, regala enormi emozioni al pubblico. In alcuni numeri l’artista arriva a sfidare apertamente la morte, sconfiggendola grazie alla sua abilità, in altri esiste semplicemente il rischio di farsi molto male.

In questi anni ho spesso riflettuto sui complicati rapporti tra rischio e arte circense.

Tutti sappiamo che il rischio zero non esiste, nella vita reale così come nel circo. Sappiamo anche che alcune discipline, se private del rischio, potrebbero perdere parte della loro attrattiva.

Ma quanto si può, o si deve, rischiare per uno spettacolo?

Per prima cosa bisogna eliminare definitivamente un’idea superficiale, ovvero che si tratti di un affare privato tra l’artista e la morte, che sia l’artista l’unico a dover decidere. Se una giovane acrobata precipita senza alcuna protezione, non cade da sola. Una parte di noi cade con lei. L’artista ha dei famigliari, ha delle persone care, e ha il suo pubblico, che inevitabilmente resta sconvolto e addolorato. Un bambino abbastanza grande da capire cosa sia successo potrebbe restare profondamente sconvolto. 

Non voglio parlare di Legge o di Diritto alla sicurezza sui luoghi di lavoro, ma fare un discorso generale e umano. Se ammettessimo che l’artista e il direttore del circo che lo ospita siano gli unici a poter decidere quanto rischiare, allora finiremmo per trascurare la dimensione pubblica dello spettacolo. Nel mondo non siamo soli, i rischi che corriamo possono avere ricadute sugli altri. Quantomeno gli spettatori dovrebbero essere resi più consapevoli del tipo di spettacolo che vanno a vedere.

Se il rischio zero non esiste, allora esistono numeri sicuri, a cui chiunque può assistere, e numeri pericolosi, certo con la loro attrattiva, ma che forse non sono adatti a tutti.

È una questione culturale, un modo di intendere il circo come uno spettacolo ardito ma fondamentalmente sicuro.

In altri ambiti, dove il rischio è rilevante e ineliminabile, le misure di sicurezza sono oggi non solo del tutto accettate, ma assolutamente imprescindibili. Se qualcuno proponesse di far correre i piloti di Formula 1 senza barriere e mezzi di protezione per aumentare l’impatto emotivo sul pubblico, sarebbe giustamente preso per matto.

Aristotele considerava il coraggio una virtù mediana, ovvero il giusto compromesso tra la pavidità e la temerarietà.

Dovremmo fare nostra questa idea nel mondo del circo: non essere dei fifoni ma, per quanto possibile, favorire con ogni mezzo il lavoro in sicurezza, per il bene di tutti.