Domenica 26 Settembre 2021, ore 10:10 del mattino, secondo piano del Teatro Salieri di Legnago, inizia la riunione della Stampa venuta a seguire l’International Salieri Circus Award alla sua prima edizione. Al centro della cattedra troviamo il Presidente della Giuria Stampa, Roberto Bianchin, alla sua destra il Prof. Alessandro Serena, alla sinistra lo storico Raffaele De Ritis.

Fare una cronaca accurata e meticolosa di ciò che è stato detto nei numerosi interventi, molti dei quali provenienti dall’auditorium di giornalisti, sarebbe difficoltoso, anche per la qualità e complessità dei pensieri espressi; tuttavia, qualcosa dobbiamo raccontarlo, perché interessa tutti noi che amiamo il mondo del circo.

Uno dei grandi meriti del Salieri è stato anche questo: si è parlato di circo!

Se ne è parlato moltissimo, e con cognizione di causa, cosa tutt’altro che scontata.

Parlare di circo in Italia significa per prima cosa analizzare la crisi del circo “tradizionale” italiano, il suo sfiorire rispetto al secolo scorso, quello di Moira Orfei, dei Clown d’oro vinti a Monte-Carlo, dei grandi chapiteau famigliari che registravano il tutto esaurito.

Un declino iniziato quando? Non c’è stata una risposta univoca a questa domanda.

E perché? Una delle risposte certe è la crisi di popolarità, l’oblio del circo, sparito dalle grandi testate giornalistiche, inesorabilmente, per l’emergere delle proteste animaliste. Se a un articolo che parla di circo seguono centinaia di mail di protesta, strascichi polemici di giorni, abbonamenti cancellati, semplicemente diventa impossibile pubblicarlo. Non conviene all’editore. Questa è la realtà in Italia: il circo con gli animali, sulle maggiori testate, è tabù.

Sulle nostre pagine abbiamo approfondito questo argomento in un recente articolo, che potete leggere qui.

Questo è solo un aspetto della crisi dell’arte circense in Italia; il problema è di portata storica e ha molte facce. Sono cambiate la cultura e la società, ma è anche innegabilmente diminuita la qualità media degli spettacoli, e quindi la loro attrattiva, come sottolineato in numerosi interventi. E la promozione è spesso anacronistica, poco attenta al complesso mondo delle comunicazione di oggi, persino svilente.

Una delle esigenze, degli elementi mancanti, sottolineati dal Prof. Serena, è la mancanza di divulgatori del circo, di figure “stile Piero Angela”, che raccontino il circo al grande pubblico; tutto il circo dico io, con o senza animali, in modo vero, equilibrato, sentito. L’altra mancanza riguarda la conoscenza autentica di questo mondo, che andrebbe introdotta anche nel mondo della scuola, come per le altre arti.

Personalmente aggiungo, perché è nelle mie corde, anche basandomi sull’idea di Circo d’Arte proposta da Antonio Giarola e sul brillante intervento, in lingua inglese, del giornalista tedesco Daniel Burow, che servirebbe anche più poesia da parte di chi il circo lo racconta. Sembra un’idea vaga, inutile, ma c’è differenza tra un asciutto comunicato stampa e la descrizione delle proprie emozioni davanti a una grande esibizione. Attirerà più pubblico “un angelo che vola nel cielo” o la descrizione tecnica di un numero di trapezio? La poesia nella vita serve: la rende più bella. E il Circo, inteso come Circo d’Arte, vive di bellezza. Noi dobbiamo raccontarla.

Armando Talas