Un secolo fa, il 20 Gennaio del 1920, nasceva a Rimini Federico Fellini, uno dei più grandi registi di ogni tempo.

Fellini, che era un appassionato di circo, ci ha lasciato uno straordinario film documentario: “I Clowns”. Il film, che è stato girato nel 1970, inizia con un ricordo. Fellini racconta con le immagini un’esperienza che ha vissuto da bambino e che lo ha profondamente colpito: l’arrivo del circo, il suo primo incontro con questo mondo meraviglioso.

Il giovane protagonista si sveglia nel cuore della notte e apre la finestra della sua stanza. Si sentono il frinire dei grilli e poi delle voci nella notte… qualcosa sta accadendo: lentamente, nel buio, si alza lo chapiteau. La mattina il ragazzino va a curiosare. Vede per la prima volta un elefante e, nello chapiteau ancora vuoto, assiste alle prove di un numero equestre.

Quando arriva la sera il mondo del circo si accende delle sue meraviglie.

Fellini ci mostra il mangiafuoco, il lanciatore di coltelli che tira implacabile le sue lame affilate attorno a una giovane donna, la gabbia delle belve feroci, che allora venivano fatte saltare nei cerchi infuocati, la “donna Ercole” in grado di soggiogare qualsiasi uomo del pubblico, il fachiro che si fa seppellire in una bara di vetro per quaranta giorni…

Si tratta del circo degli anni Venti, dove si esibisce ancora la donna sirena, che per meglio rappresentare la sua parte mangia pesci vivi, e si mostrano ai bambini i “prodigi della natura”, come i feti sotto formalina dei gemelli siamesi.

I clown in quel circo sono numerosi, molto più di oggi, e non fanno tutti ridere: qualcuno è grottesco e inquietante al limite dello spaventoso, almeno agli occhi di un bambino.

La parte successiva è una vera e propria inchiesta, con in scena lo stesso Fellini, che intervista gli addetti ai lavori dell’epoca. Non dovete pensare si tratti di un normale documentario: resta pur sempre un film di Fellini, dove la realtà si mescola alla sua grande arte cinematografica.

Si parte con il circo di Nando, Liana e Rinaldo Orfei, dove viene rievocata la nascita del clown detto “Augusto”, per arrivare fino a Parigi, dove Fellini incontra Tristan Rémy, storico del circo, con cui viene analizzata la figura del clown bianco.

Si tratta di un documento prezioso, dove vengono citati nomi fondamentali della storia del circo, come Umberto “Antonet” Guillaume, celebre clown bianco nato a Brescia nel 1872.

Fellini incontra Charlie Rivel, famoso “Augusto” spagnolo; Annie e Victor Fratellini, discendenti del celeberrimo trio Fratellini; Père Loriot, per 28 anni “Augusto di serata” al Cirque d’Hiver; Bario, di origine Livornese, inventore di un particolare tipo di Augusto.

Il regista interroga i vecchi clown, ormai al termine della loro vita, alla ricerca di questi tipi arcaici di clown, già al tramonto negli anni Settanta.

Fellini descrive un periodo di profonda crisi della clownerie, uno dei molti passaggi epocali di cui si è persa la memoria, ma in fin dei conti parla soprattutto di eternità.

Nella morte della figura del clown o, per meglio dire, nella sua profonda trasformazione, vediamo risplendere l’eterno sogno del circo.